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Ragazzo abusato da un prete, la lettera della mamma: “L’arcivescovo di Milano Delpini si dimetta”

La famiglia di Alessandro, il ragazzo che all’età di 15 anni è stato abusato da un prete a Rozzano, nell’hinterland di Milano, ha scritto una lettera aperta all’attuale Arcivescovo di Milano, Mario Delpini, chiedendogli di dimettersi dalla carica “per il bene della Chiesa”. Delpini secondo la famiglia del giovane avrebbe gestito in maniera maldestra la vicenda, spostando il prete (condannato in primo grado per gli abusi sessuali) in un’altra struttura, sempre a contatto con minori.
A cura di Francesco Loiacono
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L'arcivescovo di Milano Mario Delpini e don Mauro Galli (a destra)
L'arcivescovo di Milano Mario Delpini e don Mauro Galli (a destra)

Fino al 23 maggio la Conferenza episcopale italiana è riunita a Roma per affrontare, tra i vari temi, anche le nuove linee guida sulla tutela dei minori, parte di quella strategia di "tolleranza zero" contro la pedofilia all'interno della Chiesa che Papa Francesco intende perseguire. E proprio in concomitanza con questo importante incontro i famigliari di Alessandro, il ragazzo che secondo quanto stabilito dai giudici in primo grado ha subito abusi sessuali da parte di un prete, don Mauro Galli, hanno deciso di scrivere una lettera aperta all'Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, chiedendone le dimissioni. Il motivo è l'incompatibilità col ruolo importante che l'ultimo Motu proprio di Papa Francesco "Vos estis lux mundi" assegna ai vescovi metropoliti (cioè a capo delle grandi arcidiocesi, come Milano) nella tutela dei minori e nella segnalazione o denuncia di presunti casi di pedofilia nella Chiesa.

Gli abusi sono avvenuti a Rozzano, vicino Milano

Il caso degli abusi sessuali da parte di don Galli ai danni di Alessandro risale al dicembre 2011, quando il ragazzo aveva 15 anni. Secondo quanto hanno stabilito i giudici di primo grado a settembre dello scorso anno, don Mauro Galli, all'epoca parroco di Rozzano (hinterland di Milano), la sera del 19 dicembre 2011 avrebbe dormito nello stesso letto matrimoniale col ragazzino (circostanza confermata dal prete) e avrebbe abusato sessualmente di lui: accuse che invece il sacerdote ha sempre respinto. Don Galli aveva risarcito in via extragiudiziale la famiglia del ragazzo (che non si era costituita parte civile) con 100mila euro: una circostanza che era stata ritenuta una "discrasia evidente" dal pubblico ministero Lucia Minutella in sede di requisitoria. Alla fine il prete è stato condannato a sei anni e quattro mesi (contro i dieci anni e otto mesi chiesti dall'accusa).

Il tentativo di insabbiare la vicenda

Oltre all'aspetto giudiziario della vicenda, i famigliari di Alessandro e in particolare la madre hanno fin da subito denunciato il comportamento di molti esponenti di primo piano del clero lombardo, tra cui l'attuale arcivescovo di Milano Mario Delpini e l'attuale vescovo di Brescia Pierantonio Tremolada. I due prelati, secondo quanto emerso anche da documenti audio che poi sono confluiti negli atti del processo, venuti a conoscenza delle accuse rivolte a don Galli lo avrebbero spostato da Rozzano all'oratorio di Legnano, sempre a contatto con minori: "È vero, lo abbiamo destinato a Legnano, in oratorio, e di questo siamo stati imprudenti", aveva detto nel 2015 don Pierantonio Tremolada alla famiglia di Alessandro. Proprio questo atteggiamento da parte dei prelati, percepito come un tentativo di insabbiamento da parte della famiglia del ragazzo abusato, aveva spinto la madre del giovane, molto cattolica, a decidere di rompere il muro del silenzio e a rivolgersi alla giustizia: "Io il prete (don Galli) l'ho perdonato – aveva detto la madre di Alessandro a Fanpage.it – ma la cosa che mi fa più male è che ci siano persone nella Chiesa che possano permettere che queste cose succedano anche ad altri ragazzi. È una cosa che non riesci ad accettare, ti sembra una cosa impossibile, soprattutto da parte della Chiesa".

Da qui la decisione dei famigliari di Alessandro di scrivere una lettera aperta a monsignor Mario Delpini, chiedendogli "per il bene della Chiesa, per la credibilità della stessa e per rispetto del Sommo Pontefice, di dimettersi dalla carica di Arcivescovo di Milano". I famigliari contestano a monsignor Delpini i silenzi lunghi otto anni e la "maldestra gestione dello spostamento del prete quale improbabile e inopportuna risoluzione del problema". Comportamento che "stride con quanto quasi quotidianamente il Santo Padre proclama in merito alla lotta contro pedofilia". Di seguito il testo integrale della lettera.

La lettera integrale all'Arcivescovo di Milano Mario Delpini

Dopo quasi otto anni di inutile attesa di un Suo cenno, a seguito dell’abominevole abuso sessuale (così come definito dalla sentenza di primo grado del Tribunale penale di Milano che esclude categoricamente ogni ragionevole dubbio) subìto da nostro figlio/nipote Alessandro, ad opera di don Mauro Galli – oggi condannato a sei anni e quattro mesi di carcere – abbiamo deciso di scriverLe noi. Il Suo incredibile e dirompente silenzio, rispetto alla Sua personale maldestra gestione dello spostamento del prete quale improbabile e inopportuna risoluzione del problema – maldestro comportamento definito a suo tempo in questi precisi termini e per iscritto dal Cardinale Angelo Scola – stride con quanto quasi quotidianamente il Santo Padre proclama in merito alla lotta contro pedofilia, obbligandoci quindi a contattarla scrivendoLe pubblicamente questa lettera aperta. Riteniamo che in otto lunghi anni, se avesse voluto fare il primo passo, avrebbe avuto tutto il tempo necessario per contattarci, dunque ora, per amore della Chiesa lo facciamo noi. Le scriviamo per chiederle con forza un passo indietro. Le chiediamo, per il bene della Chiesa, per la credibilità della stessa e per rispetto del Sommo Pontefice, di dimettersi dalla carica di Arcivescovo di Milano.

Lo chiediamo in coerenza con quanto affermato da Papa Francesco in questi anni e in particolare in virtù del recentissimo Motu Proprio: “Vos Estis Lux Mundi”. Il pontificato di Papa Francesco è stato per buona parte caratterizzato dalla sua proclamata “Tolleranza Zero” nei confronti della piaga degli abusi sessuali da parte del clero ai danni permanenti di minori ed adulti vulnerabili. Altrettanta “Tolleranza Zero” viene costantemente proclamata anche nei confronti dei Vescovi, come Lei, che in diverse modalità hanno nascosto ed insabbiato tali crimini spostando i sacerdoti da una parrocchia all’altra, senza avviare alcuna Indagine Previa nonostante avessero contezza e fosse stato a loro esplicitamente segnalato un “presunto" abuso sessuale.

Potremmo citare innumerevoli dichiarazioni pubbliche di Papa Francesco disponibili anche in video su internet dove condanna, senza “se” e senza “ma”, l’antica pratica di spostare i sacerdoti (sue testuali parole). Così come anche ha affermato più volte che i Vescovi risponderanno delle loro responsabilità o, ancora, le precisazioni circa la gravità delle omissioni di questo tipo nel Motu Proprio “Come una Madre Amorevole”, come altrettanto previsto dalle specifiche linee guida emanate dalla CEI.

Non occorre ripercorrere quanto già previsto, normato ed ulteriormente rafforzato dal Pontefice come anche è superfluo circostanziare gli avvenimenti che la riguardano personalmente rispetto alle sue specifiche responsabilità, le scelte da Lei fatte e le precise azioni, in quanto Lei stesso ha giurato alla Polizia di Stato e controfirmato il suo interrogatorio affermando che era a conoscenza del presunto abuso sessuale ai danni di nostro figlio/nipote ad opera del prete, segnalazione che Lei asserisce essergli arrivata puntualmente già della telefonata dell’allora parroco don Carlo Mantegazza due giorni dopo l’accaduto.

Riferiva alla Polizia di aver ricevuto immediatamente la segnalazione dell’allora “presunto abuso sessuale” (testuali parole da Lei dichiarate e sottoscritte oltre che acquisite in Tribunale nel processo pubblico, senza alcuna rettifica ma, anzi, confermate da tutte le testimonianze, inclusa quella del Galli stesso). Riferiva addirittura che si era recato a Rozzano personalmente per raccogliere la testimonianza diretta di don Mauro Galli prima di decidere del suo trasferimento, il quale Galli, Lei ha giurato, Le ha subito confessato che si era portato a letto il minore (ben più che un semplice sospetto o indizio o ancora una inverosimile segnalazione anonima).

Ciò nonostante ha deciso personalmente, assumendosene tutta la responsabilità, come dichiarato alla Polizia, di non avviare alcuna Indagine Previa (prevista dal diritto canonico, indagine canonica poi avviata ben QUATTRO anni dopo, e solo successivamente alle nostre innumerevoli segnalazioni al Cardinale Scola e poi al Cardinale Muller – allora prefetto della congregazione per la dottrina della fede – e solo dopo l’avvio delle indagini della polizia a seguito della denuncia alla procura della Repubblica). Ha deciso personalmente di spostare immediatamente don Galli dalla parrocchia di Rozzano, dove è avvenuto l’abuso, alla vicina parrocchia di Legnano ancora nel contesto della pastorale giovanile come affermato da Lei sempre alla Polizia di Stato.

Inoltre ha allertato lo studio legale Zanchetti, oltre che don Mauro, per mettersi in contatto per gestire la seccatura, ancora prima che gli fosse notificato l’avviso di garanzia come hanno svelato le indagini nel corso del Processo e ancora prima che fosse interrogato. Lei stesso, pur mentendo alla Polizia, ha affermato di non aver avuto fino ad allora alcun contato con lo studio legale (avvenimento palesemente smentito appunto dalle intercettazioni telefoniche) come si può facilmente riscontrare anche sugli innumerevoli articoli pubblicati sul caso.

Alla luce del delicatissimo incarico che recentemente il Santo Padre ha riservato ai Vescovi Metropoliti come Lei – preposti per accogliere le segnalazioni di eventuali insabbiamenti da parte di altri vescovi in relazione a presunti abusi sessuali ad opera di clerici, incarico delicato proprio perché riguarda il primo discernimento, la valutazione della verosimiglianza delle segnalazioni e quindi la decisione se avviare le indagini il cui esito deve essere avviato a Roma – risulta evidente che non può ricoprire tale incarico chi ritiene tollerabile portarsi a letto un minore. E’ un dato di fatto che Lei ha ritenuto tollerabile tale comportamento tanto da non ritenere necessario avviare alcuna indagine e nemmeno allontanare cautelativamente il prete dai minori, dagli oratori, dalle gite estive con tanto di pernottamento… E’ un dato di fatto che anche oggi lo ritiene tollerabile altrimenti, per coerenza e rispetto della Chiesa, si sarebbe già da tempo messo da parte.

Altrettanto evidente è la palese incompatibilità della Sua nomina per questo ruolo riservato dal Pontefice ai Vescovi Metropoliti. Si evidenzia, senza ombra di dubbio, l’inequivocabile conflitto di interesse, ma anche la contrapposizione con quanto fermamente promulgato dal Santo Padre. Lei si è posto chiaramente in una condizione perenne di ricattabilità: qualunque Vescovo che, in futuro o per vicende del passato che verranno a Lei segnalate, si comporterà maldestramente insabbiando, o  semplicemente sposterà un sacerdote sospettato di abusi sessuali o sacerdote che si è portato a letto un minore, (e ancora qualunque vescovo che in tali casi non avvi o non abbia avviato alcuna indagine previa) – Vescovi  sui quali lei dovrebbe indagare e decidere se procedere – le potrà sempre rinfacciare che Lei stesso si è comportato nel medesimo modo.

Come potrebbe dunque essere credibile? Come potrebbe, solo per citare già un primo esempio concreto, giudicare ed indagare sul comportamento del Vescovo Pierantonio Tremolada che, insieme a Lei, non ha segnalato il caso di don Mauro Galli ma, viceversa, lo ha coperto spostandolo a Legnano ancora in oratorio solo con i bambini? O il Santo Padre decide di rinunciare pubblicamente alla “Tolleranza Zero”, stabilendo pubblicamente che portarsi a letto un minore è ritenuto ammissibile e tollerabile e quindi i Vescovi possono tranquillamente e semplicemente spostare tale sacerdoti da una parrocchia all’altra liberi di continuare a portarsi a letto altri bambini senza allertare nessuno (tanto meno i genitori come esattamente avvenuto a Legnano), oppure è evidente che Lei non potrà più ricoprire la carica di Arcivescovo.

Oltre ad auto-sospendersi dovrebbe auto-denunciarsi alla Congregazione per la dottrina Della Fede, rimettendo quindi immediatamente il suo mandato al Santo Padre, per evitargli almeno di doversi esporre personalmente nel prendere, o non prendere Lui stesso, tale provvedimento. Certi che per il bene della Chiesa, la quale speriamo non vorrà già ipocritamente creare una prima eccezione a pochi giorni dall’emanazione del Motu Proprio, rendendo esplicita e pubblica in tal caso la non Tolleranza Zero a favore di una inaccettabile "discreta tolleranza” in materia di abusi (per altro in questo caso ai massimi livelli della gerarchia), oltre che la non credibilità e autorevolezza del Sommo Pontefice, Lei stesso, anche se estremamente tardivamente, possa porre fine a questa tristissima ipocrisia. La ringraziamo per il suo atto dovuto.

I familiari della vittima di don Mauro Galli

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