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Raffineria di eroina nascosta a Fontanella, paesino vicino Bergamo: veniva mischiata con la caffeina

Frullatori per “tagliare” l’eroina con la caffeina, bilancini e presse per confezionare i panetti. La squadra mobile di Milano ha scoperto la raffineria in un paesino in provincia di Bergamo, Fontanella. A gestirla tre cittadini albanesi incensurati, tutti provenienti da una regione considerata da anni uno dei grandi centri di potere del traffico internazionale di droga.
A cura di Salvatore Garzillo
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Via Donatori di Organi è una stradina lunga appena cento metri dietro il palazzo del comune di Fontanella, un paese di 4.500 abitanti in provincia di Bergamo. Ci sono case basse, per lo più villette familiari e palazzine a due piani o tre piani. Pareti colori pastello e aiuole. Il silenzio, soprattutto di sera, è totale.
In quell’angolo della Bergamasca, lontanissimo dai rumori e dalla velocità della città, lì al riparo da controlli e occhi indiscreti, c’era una raffineria di eroina. Un piccolo laboratorio fornito di tutto il necessario per lavorare la sostanza pura, con frullatori per mischiarla alla caffeina e una pressa idraulica per confezionare i panetti da sigillare e vendere al dettaglio.

La raffineria usata per la piazza di spaccio del Parco delle Groane

L’hanno scoperta gli investigatori della Squadra mobile di Milano al termine di un’indagine che tentava di ricostruire la filiera dello spaccio nella zona nord di Milano e nei paesi della fascia settentrionale, in particolare quelli attorno al parco delle Groane. Uno dei polmoni della provincia, un luogo magnifico, che però in alcuni punti consente un’attività simile a quella che c’era nel più famoso boschetto di Rogoredo, meglio conosciuto come il boschetto dell’eroina.

Come quella trovata dagli agenti della Narcotici diretti da Domenico Balsamo: 10 chili di “brown sugar”, chiamata così per il colore scuro, perfetta per essere tagliata con la caffeina. Un'accoppiata naturale per gli effetti e per la necessità cromatica. Quando invece è più chiara, l’eroina viene mischiata al Paracetamolo. Sì, quello che c’è nella Tachipirina. I motivi sono semplici: il farmaco allunga la vita dei tossici. Ma attenzione, non c’è alcun interesse umano, è pura economia: meno clienti morti significa più soldi e meno attenzione mediatica, quindi meno forze dell’ordine in giro e affari più tranquilli.

Il laboratorio immerso nel silenzio

Ma torniamo a Fontanella. Gli investigatori ci sono arrivati dopo aver ricevuto una dritta su una coppia di trafficanti albanesi attivi nella zona di Solaro, due incensurati che erano soliti incontrare connazionali in punti isolati o attorno al casello autostradale di Romano di Lombardia (Bergamo). Giovedì sera li hanno seguiti al casello, si sono appostati in un punto che gli consentisse di avere una buona visuale e hanno registrato un passaggio sospetto di pacchi con un terzo uomo che poi li ha seguiti in auto. Gli agenti sapevano che sarebbero andati all’abitazione in affitto ma non immaginavano cosa ci fosse all’interno.

Per evitare che potessero distruggere la droga, i poliziotti hanno circondato la palazzina stando bene attenti a non spezzare il silenzio tipico della viuzza. Infine hanno fatto irruzione. Al piano terra c’erano tavoli da lavoro con tre frullatori sporchi, 10 chili di eroina e 5 chili di sostanza da taglio (la famosa caffeina), poco meno di un chilo di cocaina, bilancini di precisione, 2 presse con relativi accessori tra cui una pompa idraulica. I due “cuochi” hanno tentato di fuggire da un ingresso secondario ma sono stati fermati praticamente subito. Al piano superiore c’erano il terzo complice e una cassaforte che conteneva 7mila euro.

Il signore della droga col bunker

Gli arrestati sono tutti incensurati e hanno un regolare permesso di soggiorno valido per tre mesi: Rrezart Karati, di 24 anni, Ledin Allamani, di 22, e Artan Aliaj, di 41. I primi due vengono da Këlcyrë mentre Aliaj da Kukove, nel distretto di Berat, che vive la doppia anima di centro patrimonio dell’Unesco e centro di potere del traffico internazionale di marijuana ed eroina. È a Berat che aveva il suo bunker il 44enne Alket Hatija, uno dei grandi signori albanesi della droga, capace di far arrivare quintali di eroina e cocaina a Milano. Nel luglio 2017 la polizia albanese, grazie alle indicazioni fornite dai carabinieri della sezione Catturandi del comando provinciale di Milano, riuscirono ad arrestarlo per fargli scontare una condanna a 20 anni. Gli veniva contestato il trasporto a Milano, tra gennaio 2003 e marzo 2004, di 350 chili di eroina e 190 di cocaina. Carichi dal valore stimato tra i 35-45 milioni di euro.
Lo fermarono a Durazzo mentre raggiungeva un amico, un’occasione da non perdere visto che per la maggior parte del tempo viveva nella villa di Berat circondato da guardie del corpo armate.

Il "cuoco" del toxic park di Rogoredo

I tre arrestati a Fontanella non sono neppure lontanamente paragonabili ai volumi di Hatija ma il loro arresto non ha nulla di banale. L’ultima raffineria scoperta a Milano risale al settembre 2018, anche in quell’occasione in manette finì un albanese incensurato, un 35enne ritenuto tra i cuochi del toxic park di Rogoredo, che all’epoca era ancora in piena attività. I carabinieri della compagnia Porta Monforte lo fermarono nel giugno precedente attorno al boschetto ma con sé aveva solo un piccolo frullatore che in quel momento parve innocuo. I militari però continuarono a tenerlo d’occhio finché a settembre lo controllarono di nuovo in via Sottocorno, vicino piazza Risorgimento, molto lontano dalla periferia degradata dei tossici. Stavolta aveva un chilo di eroina pronto per essere portato a Rogoredo, in casa nascondeva un altro chilo e 700 grammi e ottomila euro in piccolo taglio. La maggior parte in 5 euro, il prezzo della dose base.

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