Pio Albergo Trivulzio, gli ispettori della Salute: “I vertici della Rsa hanno agito in ritardo”
Gli ispettori del ministero della Salute, impegnati nei giorni scorsi al Pio Albergo Trivulzio dopo l'inchiesta aperta dalla procura di Milano, hanno redatto una prima relazione in cui è stato scritto che "non si può sottacere una certa inerzia sia dei vertici dell'Agenzia di tutela della salute (Ats) sia della struttura che si sono attivati con considerevole ritardo". Questo, nonostante fossero a conoscenza della fragilità degli ospiti della Rsa e del loro bisogno di essere protetti.
Al Trivulzio si è agito con particolare ritardo
Focus poi sulla Regione Lombardia, accusata di non aver "applicato in maniera tempestiva le misure" per difendere gli anziani ospiti del Trivulzio, dove non sarebbero state applicate le azioni di "contenimento indicate dal ministero della Salute". In pratica, tutta l'attenzione degli organi di competenza durante la primissima fase dell'emergenza Coronavirus in Lombardia, sarebbe stata dedicata agli ospedali mentre nelle Rsa "non sembra si sia creato un raccordo rapido e il massimo sforzo che sarebbe dovuto avvenire anche per le caratteristiche di fragilità dei pazienti ricoverati", come si legge nel rapporto. Gli ispettori suggeriscono poi che all'interno della casa di riposo del Trivulzio, si sarebbero aspettate ulteriori indicazioni da parte della Regione per evitare la diffusione del virus. Tali direttive, però, erano già state emesse dal ministero della Salute con una circolare risalente al 22 gennaio scorso, in cui veniva esplicitato che i malati contagiati sarebbero dovuti essere stati visitati in reparti isolati. All'interno del documento vi sarebbe poi l'indicazione a tutto il personale sanitario di indossare mascherine, guanti e protezioni facciali. Tali misure sarebbero entrate in vigore alla Baggina solo lo scorso 23 febbraio, mentre i ricoveri a partire dal 13 marzo.
Regione sotto accusa: Spostare malati Covid in Rsa è violazione direttive nazionali
Nel rapporto, gli ispettori della Sanità scrivono che i vertici della struttura hanno dichiarato di "aver dato le prime indicazioni già nei giorni successivi al 23 febbraio", mettendo a disposizione dei dipendenti mascherine FFP2 e FFP3. Inoltre, hanno sostenuto di aver isolato i pazienti con sintomi Covid o simil influenzali oltre che aver messo in quarantena un determinato numero di sanitari dell'organico del Trivulzio. E anche la decisione della Lombardia di spostare malati Covid dagli ospedali alle Rsa della regione è una decisione che avrebbe violato le indicazioni nazionali: questa, avrebbe contribuito fortemente alla diffusione del virus nei luoghi delle case di riposo. A tal proposito, il presidente Attilio Fontana ha dichiarato che le decisioni sono state prese dai tecnici esperti, scaricando le responsabilità sulle Ats i cui vertici sono "competenti per la sorveglianza", come scrivono gli ispettori, mentre quelli del Trivulzio, "sono dotati di autonomia gestionale". L'azione doveva essere tempestiva ma "si sono attivati con considerevole ritardo".
La ricostruzione della vicenda
Nei primi giorni di aprile, dopo le notizie riportati da alcuni quotidiani nazionali, tra cui Corriere e Repubblica, scoppiava lo scandalo Pio Albergo Trivulzio. Troppe le morti all'interno della struttura, molte delle quali riconducibili al Coronavirus. Diverse, poi, anche le denunce del personale sanitario che lamentava una trattamento non consono alle direttive statali (mascherine vietate) oltre che una cattiva gestione dell'emergenza da parte dei vertici della struttura. Il ministero della Salute ha quindi inviato i propri ispettori per vederci chiaro, e la procura di Milano ha aperto un'inchiesta per epidemia colposa il cui primo indagato è risultato essere il direttore generale della Baggina, dottor Giuseppe Calicchio.