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Omicidio Tiziana Pavani, chiesta la premeditazione: l’assassino cercò su Google come ucciderla

L’assassino di Tiziana Pavani, la 54enne uccisa a bottigliate nella sua casa di Milano dal compagno, aveva cercato su Google come ucciderla “in un colpo solo”. Questa e altre ricerche sarebbero la prova della premeditazione, aggravante però non riconosciuta nel processo di primo grado. Adesso il caso sarà riesaminato dai giudici d’appello.
A cura di Francesco Loiacono
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Poche, agghiaccianti parole, digitate sul motore di ricerca Google: "Come si uccide una donna con un colpo solo". Sono queste le prove del fatto che l'assassino di Tiziana Pavani, la 54enne uccisa lo scorso gennaio nella sua casa del quartiere Baggio, a Milano, avrebbe agito con l'aggravante della premeditazione. Una circostanza che però, nonostante una relazione della polizia postale che documentava varie ricerche in merito su internet dell'omicida, non era stata riconosciuta in primo grado dal giudice per l'udienza preliminare Sofia Fioretta. Adesso però, secondo quanto riporta Anna Giorgi sul quotidiano "Il Giorno", il caso dell'omicidio della segretaria d'asilo sarà riesaminato dai giudici d'appello: la procura generale ha infatti accettato l'istanza dei cugini della donna, costituitisi parte civile, a presentare ricorso in appello.

Il compagno di Tiziana era stato condannato a 20 anni

Per l'omicidio di Tiziana Pavani è stato condannato a 20 anni di reclusione Luca Raimondo Marcarelli, il 32enne con cui Tiziana aveva una relazione sentimentale. Per Marcarelli, che aveva confessato il delitto e aveva scelto di farsi processare col rito abbreviato, il pubblico ministero aveva chiesto l'ergastolo. L'uomo, disoccupato e con problemi di dipendenza dalla droga, aveva ucciso a bottigliate la 54enne nel suo letto dopo una lite per un prestito che non riusciva a restituirle. Poi era andato a prelevare del denaro con il bancomat della donna per andare a giocare alle slot. Prima di uscire dall'abitazione di Tiziana, in via Mangiarotti, aveva lasciato aperto il gas, nel tentativo di far esplodere l'abitazione e cancellare le tracce dell'omicidio. Un'altra delle domande che, secondo gli agenti della polizia postale, Marcarelli aveva rivolto al motore di ricerca. Il 31enne aveva utilizzato il computer dei genitori per cercare su Google, oltre alle maniere per uccidere rapidamente, anche come far sparire le prove. Saranno adesso i giudici di secondo grado a stabilire se tutto questo possa costituire premeditazione.

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