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Omicidio Lidia Macchi, spunta un vetrino con lembi di pelle: svolta nelle indagini

Possibile svolta nel cold case dell’omicidio di Lidia Macchi, la giovane uccisa nei boschi vicino a Varese nel gennaio 1987. Un vetrino contenente lembi di pelle della studentessa sarà analizzato dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo, consulente della procura, per cercare tracce del Dna dell’assassino di Lidia. Per l’omicidio resta in carcere un ex compagno di liceo della vittima.
A cura di Francesco Loiacono
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In un vetrino con lembi di pelle di Lidia Macchi si potrebbe annidare la soluzione dell'omicidio della 21enne, uccisa nei boschi di Cittiglio, vicino a Varese, il 5 gennaio del 1987. Colpo di scena nelle indagini sul cold case riaperto dalla procura generale di Milano grazie alla caparbietà del magistrato Carmen Manfredda: non tutti i vetrini che contenevano tracce biologiche repertate sul luogo del delitto sono stati distrutti. Uno, secondo quanto riporta il Corriere della sera, è sfuggito all'incredibile errore commesso dal tribunale di Varese, che dopo alcuni anni ordinò la distruzione dei vetrini con tracce di liquido seminale del presunto assassino – Lidia infatti ebbe un rapporto sessuale presumibilmente con l'uomo che poi la uccise con 29 coltellate – per fare spazio negli uffici.

Si cerca il Dna dell'assassino di Lidia

Il reperto "sopravvissuto", che contiene frammenti dell'imene della studentessa uccisa, era stato inviato a Pavia nel 2013 e analizzato nel 2015 senza che però emergessero tracce utilizzabili dagli inquirenti. Adesso però, il perito nominato dal pg Manfredda, l'anatomopatologa Cristina Cattaneo, ha proposto sullo stesso frammento un nuovo tipo di analisi che potrebbe rivelare tracce di liquido seminale da cui estrapolare il Dna. Qualora questa analisi, tecnicamente un sezionamento a strati del piccolo frammento di pelle, dovesse produrre risultati, i campioni biologici ottenuti potrebbero essere confrontati con quelli dell'unico indagato per il delitto di Lidia: il suo ex compagno di liceo S.B., da gennaio in carcere a San Vittore con l'accusa di omicidio volontario. L'uomo, vicino come la vittima all'ambiente di Comunione e liberazione, ha sempre negato ogni responsabilità tramite i suoi legali, avvalendosi sempre della facoltà di non rispondere dinanzi al gip.

Oltre che dalle analisi del frammento di pelle, ulteriori sviluppi nelle indagini si attendono da due fronti: da un lato dagli esami sulle tracce biologiche trovate nella bara di Lidia dopo la riesumazione della sua salma, dall'altro dalle analisi sulle ipotetiche armi del delitto: i 15 coltelli trovati sotterrati in un parco vicino Varese, anche se l'avvocato della famiglia Macchi ha chiesto di concentrare le analisi anche nei boschi di Cittiglio, dove Lidia fu uccisa da un assassino che, dopo quasi 30 anni, non ha ancora un nome.

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