Omicidio di Sana Cheema, indagate anche mamma e zia: il padre nega di aver confessato
Serviranno ancora 15 giorni, probabilmente, per sapere cosa è successo davvero a Sana Cheema, la 25enne pachistana residente a Brescia uccisa in Pakistan in circostanze da chiarire. Per la sua morte, che sarebbe avvenuta secondo quanto stabilito dall'autopsia per strangolamento, sono in carcere il padre e il fratello della ragazza, Mustafa Ghulam e Adnan. Ma le autorità del Gujrat, il distretto pachistano in cui vive la famiglia della giovane, hanno riferito che anche la mamma e la zia della ragazza risultano indagate. Inoltre, a complicare un quadro già di per sé complesso, c'è anche il fatto che il padre di Sana, che secondo le autorità pachistane avrebbe confessato il delitto, intervistato da "Repubblica" ha negato: "Non è vero che abbiamo confessato. Se il referto dei medici legali dice che Sana aveva l'osso del collo rotto è perché deve aver battuto la testa contro il bordo del letto o il divano".
Le notizie dal Pachistan si rincorrono in maniera frenetica dal 18 aprile, giorno in cui Sana sarebbe stata uccisa. L'ipotesi degli inquirenti, sostenuta anche dagli amici della ragazza, è che la 25enne sia stata uccisa per una sorta di "delitto d'onore": si sarebbe rifiutata di sposare l'uomo che la sua famiglia aveva scelto per lui nell'ambito di un matrimonio combinato, una tradizione ancora molto sentita in Pachistan e non solo. La famiglia aveva però respinto le accuse, sostenendo che Sana fosse morta per cause naturali. Un'ipotesi a cui ormai non crede più nessuno, soprattutto dopo che l'esame autoptico ha rivelato che la ragazza aveva l'osso del collo rotto. Adesso però bisogna capire chi, della famiglia, abbia contribuito al delitto. Anche lo zio paterno della ragazza era stato fermato e si trovava in carcere, dal quale però sarebbe uscito dopo la presunta confessione del padre di Sana, che si era assunto tutte le colpe. Qualcuno però, deve per forza averlo aiutato nelle operazioni di sepoltura del corpo, avvenute in tutta fretta dopo la morte della ragazza: per chiarire cosa sia successo gli inquirenti pachistani hanno chiesto due settimane di proroga per le indagini. Sana, secondo quanto riferito dai suoi amici, sarebbe dovuta ritornare a Brescia proprio il giorno successivo alla sua morte. Nella città della Leonessa la ragazza era perfettamente integrata e molto conosciuta: domenica 16 maggio, in piazza Rovetta, la comunità pachistana ha organizzato una manifestazione per ricordarla.