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Milano, ragazza a processo per il Blue whale: avrebbe spinto un’adolescente a tagliarsi

Una ragazza milanese di 23 anni dovrà affrontare un processo per atti persecutori e violenza privata aggravati. La sua presunta vittima è un’adolescente, oggi 14enne, che la 23enne avrebbe adescato nell’ambito della cosiddetta “Blue whale challenge”, convincendola a compiere atti autolesionistici. Si tratterebbe dell’unico caso finora accertato a Milano del “gioco” estremo che, complice un servizio de “Le Iene”, aveva scatenato psicosi ed emulazione tra i giovanissimi.
A cura di Francesco Loiacono
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Segni sulle braccia dovuti ad autolesionismo (foto da Wikipedia)
Segni sulle braccia dovuti ad autolesionismo (foto da Wikipedia)

Una ragazza di 23 anni è stata rinviata a giudizio a Milano con le accuse di atti persecutori e violenza privata aggravati. La sua vittima sarebbe una ragazzina che adesso ha 14 anni: l'adolescente sarebbe stata spinta a compiere atti autolesionistici, come praticarsi alcuni tagli sul corpo, nell'ambito di quel cosiddetto gioco etichettato col nome di "Blue whale challenge". Si tratterebbe dell'unico caso accertato a Milano di un fenomeno che, complice anche un servizio giornalistico realizzato dal programma tv "Le Iene" (sulla base di filmati falsi), aveva scatenato una psicosi tra adolescenti e anche genitori spaventati.

Il fenomeno Blue whale, tra psicosi ed emulazione

Cos'è il "Blue whale"? Si tratterebbe di una sfida di coraggio basata su 50 prove che possono arrivare fino al suicidio. A proporre tali sfide ai giocatori (per lo più adolescenti) sarebbero delle figure particolari, chiamate "curatori". Sull'effettiva esistenza del fenomeno, legato all'autolesionismo e simile ad altri giochi estremi (come il blackout game, ossia strangolarsi fino a perdere i sensi per asfissia), erano stati espressi fin dall'inizio diversi dubbi. Dopo la messa in onda del servizio de "Le Iene" anche a Milano (come in tutta Italia) erano arrivate in procura diverse segnalazioni di presunti casi di "Blue whale". In realtà nella maggior parte dei casi si trattava di atti di autolesionismo compiuti da soli da ragazzini suggestionati da quanto avevano visto in tv o sui social network.

La giovane curatrice era indagata dal 2017

Solo in un caso, invece, i magistrati avevano individuato effettivamente la presenza di un "curatore", cioè di una persona che avrebbe spinto una giovanissima vittima a farsi del male e a inviargli poi le prove fotografiche delle sue azioni. Si tratterebbe proprio della 23enne finita a processo: è una giovane milanese che, via Instagram, avrebbe adescato una ragazza che vive tra Roma e il Nord Italia, all'epoca dei fatti dodicenne, convincendola, anche minacciandola di morte, a praticarsi dei tagli sul suo corpo e a documentare il tutto tramite foto. Il pubblico ministero Cristian Barilli aveva indagato la "curatrice" nel giugno 2017: adesso il giudice per l'udienza preliminare Anna Magelli ha deciso che la 23enne dovrà affrontare un processo. La prima udienza è in programma il 16 aprile.

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