Milano, dal Comune stop al bando per le moschee. Gli islamici: “Presi in giro”
Non un dietrofront, ma sicuramente uno stop che fa rumore. Il Comune di Milano ha deciso di lasciare "in dote" alla prossima giunta il bando sui luoghi di culto, passato nella vulgata giornalistica come bando sulle moschee. Il progetto, fortemente voluto dall'assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino, ha messo a bando tre aree pubbliche dismesse: l'ex Palasharp, gli ex bagni pubblici di via Esterle e un'area in via Marignano. Una cinquantina di associazioni religiose iscritte all'Albo delle religioni istituito a Palazzo Marino ha partecipato alla gara, che alla fine ha visto trionfare in due aree (via Esterle e all'ex Palasharp) il Caim (coordinamento delle comunità islamiche) e in via Marignano la Chiesa Shalom Gospel Church.
La graduatoria definitiva del bando non è mai stata pubblicata
La graduatoria definitiva di chi ha vinto il bando, però, non è mai stata pubblicata: è bloccata da ricorsi e controricorsi pendenti davanti al Tar e al Consiglio di Stato. Una questione passata comunque in secondo piano, perché per via di polemiche interne allo stesso centrosinistra sembra ormai che l'iter per il bando si interromperà, almeno per il momento. Una notizia che fa contento il governatore della Lombardia Roberto Maroni (la cui legge sui nuovi luoghi di culto è stata nel frattempo in parte bocciata dalla Consulta), ma che fa imbufalire la comunità islamica milanese: 120mila persone che da anni attendono un luogo "ufficiale" dove pregare. Un diritto costituzionale che non si vedono riconosciuto.
Il Caim: "Chiediamo il rispetto del diritto di culto"
A dar voce alla delusione degli islamici è stato Davide Piccardo del Caim dalle colonne del quotidiano La Repubblica: "Il Comune si tira indietro senza alcuna ragione plausibile e facendosi scudo della sentenza della Consulta che di fatto boccia e toglie di mezzo la legge regionale antimoschee. Pisapia si fa dettare legge da Maroni, siamo arrivati a questo punto?". Il Caim protesta con forza anche per via degli sforzi, anche economici, profusi nei progetti per le moschee che ormai sognava di poter costruire. Per quella nell'area dell'ex Palasharp è stato scomodato l'architetto Italo Rota e sono stati spesi circa 200mila euro. Adesso però le elezioni incombono, le moschee sono un argomento sensibile che può spostare voti, e allora ecco che la politica sembra adottare nuovamente una strategia ben conosciuta: procrastinare le decisioni difficili a dopo il voto: "Ma noi andremo avanti per le vie legali fino ad ottenere quel che è previsto dalla legge – afferma Piccardo – visto che ci sono cittadini milanesi che chiedono il rispetto del diritto di culto, previsto dalla Costituzione".
Majorino: "Manca ancora il salto di qualità per garantire un diritto"
Parole dure nei confronti della giunta arrivano anche dalle associazioni islamiche di viale Jenner: "Pisapia ci ha preso in giro: tante parole, nessun fatto", ha detto Abdel Hamid Shaari. Dal Comune non è ancora arrivata una nota ufficiale sull'argomento, anche se due giorni fa l'assessore Majorino ha ammesso l'impasse: "Sul diritto di culto e sulla questione delle moschee si discute. A Milano non siamo ancora riusciti a far fare quel salto di qualità alla città necessario a garantire quello che per l'appunto è un diritto", ha scritto Majorino su Facebook. "La riflessione su cosa fare e come muoversi, avendo la Regione violentemente contro, è aperta. Giusto che si misurino le più diverse opinioni. L'unica cosa che chiedo a tutti di fare è di non trasformare un dibattito così importante e delicato in una penosa vicenda tra ‘correnti'".