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Milano cantata da Alda Merini: 5 versi della “poetessa dei Navigli” sul capoluogo lombardo

Il primo novembre 2009 moriva Alda Merini, poetessa che per tutta la sua vita tribolata è stata legata a Milano. Ecco alcuni tra i suoi versi che raccontano il suo rapporto con la città.
A cura di Francesco Loiacono
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A distanza di anni dalla sua morte resta indissolubile il rapporto della città di Milano con Alda Merini, la "poetessa dei Navigli" che ha descritto e cantato Milano in tantissimi suoi componimenti. Alda Merini moriva il primo novembre 2009 all'ospedale San Paolo di Milano, per le conseguenze di un tumore: i suoi funerali di Stato furono celebrati tre giorni dopo nel Duomo. Qualche mese dopo, nel marzo 2010, il Comune ha omaggiato la poetessa apponendo una targa commemorativa vicino alla sua abitazione in via Magolfa, sui Navigli, forse uno degli ultimi luoghi della città a essere investito dai cambiamenti della modernità che la poetessa aveva presentito.

Alda Merini e Milano

Il rapporto tra Milano e Alda Merini non è stato affatto facile, anzi. Nei versi della poetessa traspare spesso un giudizio severo su una città che stava perdendo la sua anima. Ma il legame tra la Merini e Milano, per quanto caratterizzato da odio-amore, non si è mai interrotto fin da quando la poetessa venne alla luce il 21 marzo 1931. Ecco alcuni tra i suoi tanti versi che raccontano la città lombarda:

Milano è diventata una belva/non è più la nostra città,/adesso è una grassa signora/piena di inutili orpelli (Da "Milano", Canto Milano, 2007, Manni editore).

Milano città perfetta/ha bisogno di un fiore/che lungamente sorrida (Da "Per il sindaco di Milano", Canto Milano, 2007, Manni editore).

Milano benedetta/Donna altera e sanguigna/con due mammelle amorose/pronte a sfamare i popoli del mondo (Da "Tu sei Pietro", 1961).

Eppure in questo batticuore oltraggioso/Milano non ha la sua ragione/che era il perdono alla vita/e il canto della primavera (Da "È morta, la città più cara al mio cuore", Canto Milano, 2007, Manni editore).

Io invece cammino tribolata/su e giù/per questa mia città rattrappita/che non vede il tuffo spericolato/della mia povera anima (Da "Il più bel fiore di primavera").

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