Milano, borseggiatrici rom ai domiciliari: una dà l’indirizzo di una casa Aler occupata
Sono state arrestate lo scorso 13 settembre in flagranza di reato, per furto con destrezza. Cinque ragazze rom di origine bosniaca (due nate in Italia), avevano appena rubato due portafogli a due turisti nell'ascensore della metro alla stazione Cadorna, a Milano. Quattro delle cinque persone arrestate avevano a loro carico un totale di 32 arresti per furti e ricettazione, oltre a 35 denunce per i medesimi reati. In carcere, però, il giorno dopo sono andate solo due delle cinque arrestate: una è stata scarcerata mentre due sono state destinate agli arresti domiciliari. E, a testimonianza di un'esistenza vissuta al mancato rispetto delle leggi, una di queste ultime, candidamente, al giudice che le ha chiesto il domicilio ha dato l'indirizzo di una casa Aler occupata abusivamente in via degli Apuli.
Milano, borseggiatrici rom ai domiciliari: una dà l'indirizzo di una casa Aler occupata
L'episodio, raccontato dal Corriere della sera, si inserisce nel quadro delle bande di borseggiatrici rom che si aggirano per Milano. Gruppi simili nel modo di agire e nell'esito delle vicende processuali: dopo l'arresto molte tornano in libertà perché incinte o con bimbi piccoli. Solo in pochi casi, ultimamente, per contrastare i fenomeni di microcriminalità i giudici hanno preso provvedimenti eccezionali: come il divieto di dimora nelle città con una metropolitana o la detenzione in carcere, nonostante i figli al seguito. Nella maggior parte dei casi, però, le borseggiatrici accumulano denunce su denunce, senza che queste costituiscano un deterrente per far sì che le donne cambino i propri comportamenti. Non è certo un argomento da poter liquidare in poche parole: ma quest'ultimo episodio di cronaca mostra come sull'integrazione di parte della comunità rom ci sia ancora da fare molta strada: e la semplice repressione, da sola, non è quella giusta.