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Lombardia, Violi (M5S): “Su apertura un annuncio assurdo, a Fontana chiedo trasparenza e strategia”

“Ripartire è importante, ma dobbiamo farlo in sicurezza”. In un’intervista a Fanpage.it, il consigliere regionale lombardo Dario Violi esprime le sue perplessità sul piano di riapertura annunciato dalla giunta di Attilio Fontana, che vorrebbe riaprire tutto dal 4 maggio.L’esponente bergamasco del Movimento 5 Stelle critica il processo decisionale “non rispettoso” e indica i rischi. “Chi comprerà i dispositivi di protezione per i lavoratori? Non possiamo permetterci di aprire le aziende di corsa e trovarci di nuovo tra un mese con i morti che cadono come foglie”.
A cura di Simone Gorla
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"Un annuncio assurdo. La riapertura che tutti attendono comunicata con una nota, senza un percorso e informazioni chiare. I cittadini lombardi hanno bisogno di una strategia e meritano trasparenza". A Dario Violi, consigliere regionale ed esponente bergamasco del Movimento 5 Stelle, non è piaciuta la fuga in avanti con cui la giunta di Attilio Fontana ha annunciato di voler avviare la "fase 2" in Lombardia dal 4 maggio. Intervistato da Fanpage.it, spiega perché, a suo parere, l'azione dell'esecutivo regionale non è stato rispettoso.

La strategia delle "4 D" della giunta regionale è scorretta?

Il problema è prima di tutto il processo. Non è rispettoso insediare un comitato di "saggi", rettori universitari ed esperti, e dopo 24 ore diffondere un comunicato stampa pieno di slogan. In tutta la Lombardia, e soprattutto a Bergamo e negli altri territori martoriati, la priorità è ancora la sicurezza sanitaria. Prima bisogna garantire quella, adottando tutti i protocolli necessari. Ripartire è sicuramente molto importante, ma dobbiamo farlo in sicurezza. Non possiamo permetterci di fare errori, di aprire le aziende di corsa per garantire un po' di fatturato e trovarci tra un mese di nuovo con i morti che cadono come foglie. Sarebbe un altro disastro economico e sociale.

La data del 4 maggio è troppo imminente?

Non lo so. Non ho la competenza per stabilire se il 4 maggio sarà giorno giusto, ma l'Organizzazione mondiale della sanità dice che la ripartenza deve essere stratificata per età e differenziate per territorio. Ci sono studi che dicono che a Bergamo sarebbe contagiato il 30 per cento dei cittadini. Forse sarebbe il caso di partire dove ci sono più casi, perché ci si avvicina di più all'immunità di greggi e le persone più fragili hanno già fatto. Le zone più vergini invece sarebbero in realtà quelle più a rischio. Tutti questi aspetti andrebbero valutati

Quali sono le condizioni da assicurare prima di riprendere una "normalità"?

Ci sono molte cose da capire, anche a livello pratico. Parliamo dei luoghi di lavoro. Chi comprerà i dispositivi di protezione? Le aziende che sono già in difficoltà? Lo Stato? La Regione? Ragioniamo anche su queste cose e partiamo quando le aziende hanno tutto e sono davvero pronte.Informazioni e condizioni chiare due settimane prima della partenza, così saremo in sicurezza. Questo per non ripetere il capolavoro dell'obbligo di mascherina introdotto il sabato mentre i dispositivi sono arrivati il giovedì. Bisogna programmare, ora la politica sia seria.

Molte aziende hanno già riaperto con autocertificazioni spesso molto discusse. Nell'attesa di organizzare tutto non si rischia di arrivare tardi?

Il rischio c'è. Sappiamo che alcune aziende hanno aperto con false autocertificazioni. Vedo aumentare il traffico in autostrada. Anche a Bergamo da una decina di giorni alcune attività stanno riaprendo e si vede più movimento. Tanti hanno ripreso a lavorare, ci si chiede il perché. Anche su questo le istituzioni devono fare un percorso trasparente, perché i cittadini hanno paura. Se un lavoro è fondamentale così bisogna spiegare il motivo. Il silenzio assenso delle prefetture non è la soluzione.

Ritiene che la giunta regionale abbia delle responsabilità in quello che è successo in Lombardia?

Oggi stiamo chiedendo di lavorare su quello che non funziona, per non ripetere gli stessi errori. Senza dubbio ci siamo trovati davanti a un'emergenza epocale. Alcune cose erano oggettivamene difficili da gestire. Ma non è solo sfortuna, ci sono state scelte sbagliate nel passato e anche nel presente. Noi vogliamo evitare di ripiombare nell'incubo. Ora sembra si possa trarre un sospiro di sollievo, ma nessuno sa cosa succederà quando ripartiremo. Promettere grandi cose tra un mese senza programmare e gestire l'oggi è sbagliato. L'impressione è che Fontana e i suoi vogliano parlare del futuro per chiudere il capitolo, sperando che passi in fredda la tempesta.

Quali sono le vostre proposte per la fase 2?

È evidente che scaglionare gli ingressi in ufficio, a scuola e sui mezzi pubblici non basterà. Tuttavia questa emergenza può darci anche uno spunto importante. Da anni parliamo di smart working e tempi del lavoro, ma abbiamo ancora una concezione vecchia. Esistono soluzioni per migliorare la qualità della vita e ridurre il traffico, l'inquinamento e limitare i rischi per la salute. Questa può essere l'occasione per iniziare a metterla in pratica, con la consapevolezza che le aziende vogliono ripartire. Don dico che risolviamo tutto, ma sicuramente impostiamo un'economia diversa. Trasformiamo l'emergenza in uno stimolo. È una cosa su cui la politica deve guidare l'economia.

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