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Lombardia, camici dall’azienda del cognato e della moglie di Fontana: inchiesta per turbativa d’asta

L’inchiesta della procura di Milano sul caso della fornitura di camici alla Regione Lombardia da parte di Dama Spa, azienda del cognato del governatore Fontana una cui piccola quota è detenuta dalla moglie del presidente, è ora per “turbativa d’asta”. Il caso era stato sollevato da una puntata di Report.
A cura di Francesco Loiacono
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È passata da "senza ipotesi di reato" all'ipotesi di "turbativa d'asta" l'inchiesta aperta dalla procura di Milano sul caso della fornitura di camici alla Regione Lombardia da parte di Dama Spa, azienda del cognato del governatore della Lombardia Attilio Fontana, Andrea Dini, e in cui una piccola quota è detenuta dalla moglie del governatore. Il caso era stato sollevato ai primi di giugno da un reportage della trasmissione televisiva Report, che aveva scoperto un ordine di camici e protezioni da 513mila euro partito il 16 aprile da Aria, la centrale acquisti di Regione Lombardia e destinato alla Dama spa, azienda che detiene il marchio Paul&Shark. Nell'ordine era contemplato il pagamento tramite bonifico entro 60 giorni dalla data di fatturazione, ma il 22 maggio l'azienda del cognato del governatore aveva stornato le fatture rendendo di fatto la fornitura di materiale sanitario, 75mila camici e settemila set con calzati e cappellini, una donazione vera e propria.

Le giustificazioni dell'azienda e i dubbi sulle tempistiche dello storno

L'amministratore delegato di Dama Spa, Andrea Dini, aveva parlato di un errore dovuto alla sua assenza dall'ufficio per via dell'emergenza Covid: "Chi se n’è occupato tra i miei ha male interpretato la cosa. Appena sono tornato, me ne sono accorto e ho bloccato tutto. Perché doveva essere una donazione". Ma Report aveva ipotizzato che l'equivoco fosse stato chiarito solo quando i suoi giornalisti avevano iniziato a fare domande. Fontana, che aveva annunciato l'intenzione di querelare "Il Fatto quotidiano" che aveva anticipato lo scoop di "Report", si era difeso parlando di strumentalizzazioni per fini politici e aveva ribadito la tesi della donazione, ricordando le difficoltà nell'approvvigionamento di camici in quei mesi in cui la pandemia era nella fase più acuta in Lombardia.

La procura aveva però deciso di vederci chiaro sul caso: il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli aveva aperto un fascicolo inizialmente a "modello 45", cioè senza ipotesi di reato, per chiarire le modalità della fornitura. In seguito sulla vicenda si era aggiunto un esposto dell'associazione dei consumatori Codacons. Adesso, come riportato dal quotidiano "La Repubblica", l'ipotesi di reato che la procura sta cercando di accertare è stata chiarita: turbativa d'asta, ossia turbata libertà degli incanti.

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