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“L’Italia è il paradiso degli zingari”: la vita dorata dei borseggiatori del centro di Milano

Proprietà immobiliari, auto veloci e baby sitter per mesi. L’indagine della Squadra mobile di Milano ha svelato la vita e gli schemi di una banda di borseggiatrici bosniache. Le donne “lavoravano” 10 ore al giorno mentre gli uomini si godevano i guadagni: fino a 30mila euro al mese. In un’intercettazione descrivono così la giustizia italiana: “È proprio un paese di handicappati l’Italia”. A capo di tutto c’era il 38enne Muharem Omerovic, che a dispetto della stazza era soprannominato “Bimbo”.
A cura di Salvatore Garzillo
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L’Italia è il Paese più bello del mondo. Lo dicono tutte le guide, tutti i turisti, tutti i luoghi comuni. Ma una degli slogan più entusiasti degli ultimi anni lo dobbiamo a un’intercettazione registrata dalla Squadra mobile di Milano, che ieri ha concluso un’indagine su una banda di borseggiatrici bosniache capaci di guadagnare anche 30mila euro in un mese. In una conversazione un uomo spiega chiaramente che la 35enne Adrijana Omerovic rubava qui perché: “È proprio un paese di handicappati l’Italia! Però è un paradiso per gli zingari! Affari zingari. Il paese di divertimenti per gli zingari”. E un’altra donna risponde: “Grazie a Dio che però il nostro Paese non è fatto così, che c’è ordine”.
Per fortuna. Altrimenti la Omerovic non avrebbe mai raggiunto il record di 45 arresti.

L’indagine svela un mondo criminale che è piccolo solo in apparenza. Un portafogli rubato in metropolitana è una mattoncino del tesoretto accumulato dalla banda che aveva ruoli ben definiti: le 5 donne “lavoravano” 10 ore al giorno nelle vie del centro di Milano e Venezia, i 3 uomini si godevano la vita tra auto di lusso (Porsche, Maserati, Bmw), shopping, diversivi da ricchi (come pagare 1.400 euro per assistere al Gran Premio di Montecarlo). L’unico vero impegno dei maschi era provvedere all’organizzazione degli spostamenti delle donne e ad attivare gli avvocati ogni volta che le arrestavano. A tal proposito avevano un trucco.

Il gip Maria Cristina Mannocci lo scrive chiaramente nell’ordinanza: “…il gruppo è fondato sulla buona conoscenza del sistema penale italiano, ossia sullo sfruttamento delle norme che tutelano le donne incinte e le madri di prole in tenera età, limitando l’applicazione della custodia cautelare in carcere prima della condanna e determinando poi il differimento della esecuzione della pena”. Non a caso gli investigatori hanno chiamato l’indagine “Ieri, oggi e domani”, come il film del 1963 di Vittorio De Sica in cui Sophia Loren interpreta il ruolo di una contrabbandiera di sigarette che continua a far figli per evitare il carcere.

Tutte le donne della banda affidavano i figli a baby sitter sudamericane che badavano a loro anche per mesi interi. All’occorrenza, appena finivano in questura o in caserma, si attivava il sistema d’emergenza: uno degli uomini avvertiva la dipendente e questa correva a consegnare il neonato in modo da bloccare il trasferimento in carcere. Tutti sospettano, nessuno ha la conferma. Poi, il 5 ottobre 2018, un neonato muore a casa di una sudamericana e gli agenti scoprono che è il figlio di una delle donne della banda che aveva partorito due gemelli il 10 agosto precedente. Succede in via dei Gelsomini 12, a Milano, per giorni la cronaca si concentra solo su questa vicenda che si concluderà (in parte) con l’accusa per la baby sitter di omicidio colposo.

A capo di tutto c’era il 38enne Muharem Omerovic, che a dispetto della stazza era soprannominato “Bimbo”. Quasi tutti i componenti di questa storia hanno un soprannome: il 26enne Rasid Omerovic è “Leone”, il 24enne Adem Omerovic è detto “Bodri”, poi c’è la 20enne Haljira “Lenka” Hrustic, la 22enne Behara “Koka” Hamidovic, la 34enne Vasvija “Vava” Feratovic. L’unica senza nickname è la 23enne Fadila Omerovic, moglie di “Leone”.

Questo spin-off di “Suburra” inizia nel febbraio 2018, quando un cugino di Bimbo denuncia alla polizia le aggressioni, le minacce e le estorsioni subite dal famigliare che in virtù di una non chiara superiorità gli ordina di consegnargli 20mila. È il prezzo per l’autorizzazione per vivere a Milano. L’uomo si presenta agli agenti quando è ormai disperato. Racconta di esser nato a Roma, che si è trasferito in Spagna alla fine degli anni Novanta, che nel 2005 ha iniziato a studiare ma che poi è finito a rubare portafogli. In un campo rom della Capitale conosce il cugino Bimbo, che frequenterà per un periodo prima di girovagare per l’Europa. Nel 2011 torna a Roma, riprende i contatti col cugino che – a suo dire nella deposizione – lo minaccia di rompergli le gambe se non rifiuta di lavorare per lui: “Roma è una città che frutta parecchi soldi”.

Dopo un po’ riparte, nel giugno 2017 si incontrano a Milano e qui Bimbo gli chiede mille euro per vivere nel capoluogo lombardo. Cifra che sale a 20mila, con tanto di minaccia di bruciarlo vivo. Il 21 agosto 2017 l’uomo incontra Bimbo in una albergo di Venezia, gli consegna 5.500 euro chiedendo di chiuderla lì ma lui continua a minacciarlo dicendo che se non consegna gli altri 14.500 euro entro 2-3 mesi continueranno le aggressioni a lui e alla moglie. Non avendo i soldi, la vittima si chiude in casa per due settimane mentre all’esterno, dalla finestra, vede passare Bmw X1 e Porsche Panamera della famiglia Omerovic. Nel frattempo gli hanno puntato contro un coltello, è stato preso a pugni, ma ha sempre mantenuto il silenzio. L’11 novembre 2017 c’è l’ennesimo episodio: alla fermata di Cadorna la moglie viene aggredita dalla figlia 16enne di Bimbo, soprannominata a sua volta Shakira, che le provoca un trauma cranico. Nel febbraio 2018 si decidono a denunciare.

Questa è innanzitutto una storia di soldi e sembra che quasi tutto ruoti attorno a Muharem “Bimbo” Omerovic. Tra le sue attività, si legge nell’ordinanza, c’è la compravendita a prezzi molto bassi di auto usate di fascia medio alta che risultano molto danneggiate. Lui le fa sistemare in officine di amici in Bosnia usando ricambi di auto rubate e le rivende quasi nuove. In una intercettazione col suo meccanico di fiducia parla di una Mini che potrebbe comprare per 6mila euro e chiede all’amico se la riparazione possa costare 3mila euro. L’altro gli risponde: “Senti, per i modelli precedenti (a quella Mini in questione, ndr) ho gente che può andare a rubarla, vanno a rubare la macchina e mi portano i pezzi. Rubano tutta la macchina, tanto è tutto Bmw. Quando è rubata prendono 1.500/2mila euro”. E Bimbo: “Allora la compro”.

L’attività delle borseggiatrici frutta bene, nel periodo delle fiere riescono a guadagnare fino a 30mila euro, altrimenti si attestano su 1.500-2mila euro al giorno. Nella stessa telefonata Omerovic dice di aver comprato un terreno di mille metri quadri a Venezia e che Leone ha preso casa in Spagna pagandola 60-80mila euro. Ma con i lavori costerà 120mila.
Rasid è protagonista di un’intercettazione molto significativa del 30 giugno 2018, quando chiede alla compagna come è andata la giornata e lei dice che ha preso solo 200 euro. A quel punto le confessa che vuole comprare una Audi R8 cabriolet da 85mila euro e le chiede di intensificare l’attività di borseggio. Lei si rende subito disponibile e decidono che 1.500-2.000 euro al giorno possono andare bene. Rasid è un vero appassionato di auto, lo dimostra un’altra intercettazione in cui contatta il proprietario di una Ferrari 458 del costo di 155mila euro e al telefono dice di aver speso 1.400 euro per i biglietti per assistere al Gran Premio di Montecarlo. La descrive come una cosa da vip.

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