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La Consulta contro la legge sulle moschee della Regione Lombardia: “Limita la libertà di culto”

La Corte costituzionale ha stabilito che la Lombardia ha limitato irragionevolmente la libertà di culto, annullando nello specifico due disposizioni che erano contenute nella cosiddetta “legge moschee” approvata nel 2015. Le norme “finivano per determinare una forte compressione della libertà religiosa senza che a ciò corrispondesse alcun reale interesse di buon governo del territorio”. La replica di Salvini: “Reciprocità e rispetto delle nostre leggi e regole, chiediamo troppo? Non si sente certo il bisogno di un’altra Consulta islamica”.
A cura di Francesco Loiacono
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(Immagine di repertorio)
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La Corte costituzionale si è espressa sulla cosiddetta "legge moschee" approvata nel 2015 dalla Regione Lombardia. Un provvedimento che era subito stato ribattezzato "anti moschee" e aveva suscitato molte polemiche perché introduceva diversi paletti che rendevano difficile la realizzazione di nuovi luoghi di culto. Con la sentenza odierna (la n.254, relatrice Daria De Pretis), la Consulta ha in effetti stabilito che la Lombardia ha limitato irragionevolmente la libertà di culto, annullando nello specifico due disposizioni che erano contenute nella legge. La pronuncia della Consulta arriva dopo che nel 2018 il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, chiamato a intervenire in merito alla realizzazione di un centro islamico a Sesto Calende, nel Varesotto, aveva inviato gli atti alla Consulta ipotizzando che alcuni aspetti della legge regionale fossero incostituzionali. La Consulta ha in effetti stabilito che le due norme poi censurate della legge "finivano per determinare una forte compressione della libertà religiosa senza che a ciò corrispondesse alcun reale interesse di buon governo del territorio".

La Corte costituzionale ha annullato due disposizioni della legge

Quali sono le due disposizioni annullate? La prima (contenuta nell’articolo 72, secondo comma, legge 12/2005) è quella che poneva come condizione per l’apertura di qualsiasi nuovo luogo di culto l’esistenza del cosiddetto Piano per le attrezzature religiose (Par): "La Corte ha fatto riferimento al carattere assoluto della norma – si legge nel comunicato –  che riguardava indistintamente tutte le nuove attrezzature religiose a prescindere dal loro impatto urbanistico, e al regime differenziato irragionevolmente riservato alle sole attrezzature religiose e non alle altre opere di urbanizzazione secondaria". La seconda disposizione dichiarata incostituzionale è quella contenuta all'articolo 72, quinto comma, secondo periodo: affermava che il già citato Par poteva essere adottato solo assieme al Pgt, il Piano di governo del territorio. "Questa necessaria contestualità e il carattere del tutto discrezionale del potere del Comune di procedere alla formazione del Pgt rendevano assolutamente incerta e aleatoria la possibilità di realizzare nuovi luoghi di culto", ha dichiarato la Consulta.

Salvini: Non si sente il bisogno di un'altra Consulta islamica

Nel giustificare la propria decisione la Corte costituzionale ha fatto riferimento all'articolo 19 della Costituzione: "La libertà religiosa garantita dall’articolo 19 della Costituzione comprende anche la libertà di culto e, con essa, il diritto di disporre di spazi adeguati per poterla concretamente esercitare. Pertanto, quando disciplina l’uso del territorio, il legislatore deve tener conto della necessità di dare risposta a questa esigenza e non può comunque ostacolare l’insediamento di attrezzature religiose". Dopo il pronunciamento della Consulta è arrivata la reazione di Matteo Salvini, leader della Lega: "Reciprocità e rispetto delle nostre leggi e regole, per aprire moschee e altri luoghi di culto, chiediamo troppo? Non si sente certo il bisogno di un'altra Consulta islamica…."

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