Sembra una barzelletta ma non fa ridere. Anzi, a raccontare in giro che a Seveso (Monza e Brianza) duecento persone sono scese in piazza per protestare contro una notizia falsa che si è propagata via social, si rischia di dare l'ennesima conferma a un analfabetismo funzionale che concede a molti di abboccare alle bufale più clamorose. Solo che questa volta i bocconi hanno una faccia, una fisicità e occupano uno spazio. Niente di virtuale, quindi.
Qualche settimana fa su Facebook comincia a circolare la voce che a Seveso, placida città brianzola, sarebbero arrivati alcuni profughi. La notizia viene alimentata da un fantomatico gruppo (“Baruccana e Seveso uniti per dire no ad altri immigrati”) che comunica di essere venuto a conoscenza della notizia da alcuni operai che lavorando in un ex magazzino che avrebbero detto di sapere che il nuovo proprietario sesse preparando degli alloggi per accogliere rifugiati. «I primi rilievi effettuati da noi cittadini – scrisse il comitato in un volantino già nei primi giorni di agosto – ci parlano di numeri elevati di persone, da 500 in su»: come si siano svolti i rilievi ovviamente rimane un mistero. Ma tant'è.
L'allarme s'ingrossa (o sarebbe meglio dire si "socializza") e così l'8 settembre scorso duecento persone scendono in piazza per protestare. E niente sono servite le parole del sindaco Paolo Butti che aveva definito "prive di fondamento" le preoccupazioni del comitato e a niente sono servite le rassicurazioni della Prefettura che più volte dichiarò l'inesistenza di qualsivoglia progetto su quell'area.
Loro, i webeti, hanno la capacità d'ascolto occlusa dalla troppa indignazione e così hanno deciso di proseguire nella farsa: oltre che essere scesi in piazza hanno anche alzato la voce attraverso un ipotetico "portavoce" del comitato (nato sul nulla) che ha chiesto quale sarebbe stata la destinazione d'uso del capannone in ristrutturazione. «Un magazzino. Sicuramente non un dormitorio» ha detto il proprietario. Ma il webete, si sa, crede nel gioco grande dei poteri forti e così le voci raccolte tra i manifestanti risultano ancora più patetiche: c'è chi è convinto che il progetto sia saltato grazia alla propria mobilitazione ("anche se non lo diranno mai"), c'è chi rimarca il fatto che probabilmente il capannone non sarà quello ma l'arrivo programmato dei rifugiati non è in discussione (ma come? ma se i testimoni sarebbero gli operai proprio di quel capannone? Vabbè.) e c'è chi ci dice che comunque vale la pena protestare perché in Italia l'arrivo degli extracomunitari ha resto "tutto uno schifo".
Fessi e indefessi insistono nella propagazione del falso. L'importante è che la notizia, pur falsa, smuova gli animi e scaldi la bile. Poi fa nulla che questo Paese assiste inerme a ruberie di proporzioni continentali. L'importante è avere un nemico e, se non c'è, riuscire a immaginarlo. Il "nemico immaginario" è la nuova palla antistress. E intanto la politica diventa un cumulo di niente.