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Opinioni

Inchieste, mancate bonifiche, l’ombra degli Ogm: i lati oscuri di Expo 2015

Viaggio tra le contraddizioni e i problemi dell’esposizione universale che partirà a Milano il primo maggio del 2015. Opere in ritardo, malaffare, corruzione, le mani della malavita sugli appalti e delle multinazionali dell’alimentazione sui temi della nutrizione al centro dell’Expo. E così, mentre una parte dell’opinione pubblica si organizza contro la kermesse e un’altra parte ne ignora i contenuti, sorge una domanda: chi si nutrirà con l’Expo, il pianeta o i soliti noti?
A cura di Ester Castano
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“Volete visitare il cantiere? Non serve: c’abbiamo il drone che vede per voi”. La società Expo Spa risponde con un no secco alla richiesta della commissione antimafia di Milano che vorrebbe visionare l’avanzamento dei lavori in loco. Il controllo del cantiere è uno dei compiti della commissione, istituita a febbraio 2012 per volere della giunta Pisapia, ma ai consiglieri comunali che ne fanno parte questa prerogativa è vietata. Sembrerebbe una burla e invece è ciò che è successo a Palazzo Marino durante l'ultima commissione congiunta fra Expo e Antimafia. All’incontro si è presentato il commissario unico Giuseppe Sala, che da poco ha assunto il ruolo di commissario del Padiglione Italia precedentemente affidato ad Antonio Acerbo, arrestato per presunte tangenti. La sua presenza era stata richiesta dai consiglieri. “Non è sicuro girare per il cantiere e un sopralluogo richiede tempo ed energie, rischiamo di rallentare il lavoro degli operai e poi ci sono le riprese dei nostri droni, il sito è bello e le immagini colorate”, la spiegazione della società Expo 2015 Spa rappresentata dall’ingegnere Alessandro Molaioni, responsabile lavori, e dall’avvocato Francesco Marzari, direttore affari legali dell’esposizione. Non proprio un esempio di trasparenza eccellente, se si pensa che a giornalisti e televisioni nonostante le ferree restrizioni, è stato più volte permesso di valicare i cancelli.

Il protocollo di legalità Expo, roba per pochi

Non va meglio sul fronte del Protocollo di legalità: anche qui compaiono ombre. È applicabile solo alle nazioni che lo sottoscrivono. Ad oggi 5 paesi su 130 paesi vi hanno aderito. In pratica la Prefettura ha potere d’azione su meno del 4% delle nazioni partecipanti all’esposizione universale: solo su questa piccola percentuale le autorità potranno prendere provvedimenti qualora si individuasse vicinanza con attività mafiose nella gestione. In tal caso l’azienda infiltrata del paese straniero verrebbe commissariata e sottoposta a interdittiva antimafia, e i badge di entrata e uscita dai padiglioni dell’esposizione universale disattivati. “L’unica cosa che possiamo fare come Expo 2015 Spa è prendere atto di questa impossibilità giuridica: sono paesi che neppure conoscono il senso di cosa sia la criminalità organizzata e non c'è possibilità di obbligarli ad aderire al protocollo, se non un'azione volontaria dei singoli paesi”, spiega l’avvocato Marzari. Il Protocollo comunque non è la panacea di tutti i mali: la finalità che si propone non è il contrasto alla corruzione imputabili a singole persone ma il contrasto generalizzato all’organizzazione criminale di stampo mafioso.

Expo spa non risponde alla commissione Antimafia

La società Expo Spa si rifiuta di rispondere ad altre domande poste dalla Commissione Antimafia: il progetto Vie d’acqua ad esempio, canale lungo 20 chilometri che incanalando il flusso proveniente dal sito espositivo per i sei mesi di Expo collegherà il Naviglio Grande al Canale Villoresi, è argomento tabù. Non si sa quale sia lo stato di avanzamento dei lavori, né se finiranno in tempo per l'inaugurazione prevista per il primo maggio. L’unica notizia certa è che le prossime ore potrebbero essere decisive per il commissariamento dell’appalto dal valore di oltre 100 milioni affidato alla Maltauro Spa. La decisione spetta nei prossimi giorni al presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone. Sia l’avvocato Marzari sia l’ingegnere Molaioni si rifiutano di parlarne: “Organizzeremo una conferenza ad hoc”, dichiarano all’unisono. E le bonifiche? Anche sul risanamento del suolo, carotaggi ed effettiva pericolosità delle terre di risulta cala il silenzio. D’altro canto la società Expo Spa si dichiara in grado di fissare delle scadenze: secondo Marzari e Molaioni entro fine anno sarà completata la realizzazione della piastra espositiva e terminati i cluster, cioè i padiglioni collettivi raggruppati per identità tematiche e filiere alimentari. Per marzo termineranno in lavori delle passerelle di accesso al sito che permettono l’entrata e l’uscita dall’area (ad oggi l’avanzamento dei lavori è al 40%) e il nuovo passo ferroviario di Rho. I collaudi di luci, acqua e delle strutture espositive sono invece previsti tra metà marzo e fine aprile 2015.

Il tema è “Nutrire il pianeta” ma di tavole imbandite sembrano esserci solo quelle dei vertici della grande opera, arrestati e dallo scorso 14 ottobre ai domiciliari: i top manager di Expo Antonio Acerbo e Andrea Castellotti responsabili rispettivamente del Padiglione Italia e della Tagliabue Spa, e gli imprenditori edili Domenico ed Enrico Maltauro delle Vie d'acqua (quest'ultimo, coinvolto nella prima tranche dell’inchiesta, si trova adesso in stato di libertà). Inoltre Acerbo, secondo l'accusa, avrebbe preteso contratti per le società del figlio Livio: una consulenza da 30mila euro elargita da Maltauro e una seconda, poi non andata in porto, promessa da Giuseppe Asti, attualmente indagato, della Tagliabue, ditta aggiudicatrice dell'appalto Vie d'acqua. Arresti per corruzione e turbativa d'asta, l'ombra della criminalità organizzata sui cantieri, bonifiche ai terreni non fatte, la cittadinanza preoccupata e i comitati antagonisti alla grande opera che si preparano allo scontro: è questo, al di là dei messaggi pubblicitari a favore dell'esposizione, lo scenario in cui a Milano sta sorgendo l'esposizione universale. Dalle indagini della magistratura risulta che sarebbero state pagate oltre 2milioni di tangenti. Uno smacco per l'Italia e la sua capitale morale che, scelta fra le città del mondo, apparecchiando la tavola imbandita di Expo dona di sé l'immagine stereotipata con cui da sempre è internazionalmente conosciuta: “Pizza, mafia e mandolino”. E mentre i pubblici ministeri Claudio Gittardi e Antonio D'Alessio chiedono il processo con rito immediato per l'ex funzionario Pci Primo Greganti, l'ex parlamentare Dc Gianstefano Frigerio e l'ex senatore di Forza Italia Luigi Grillo, Expo 2015 continua ad essere un buffet per pochi, ricco bottino utile alla carriera e ai profitti dei singoli e non all'intera comunità.

Su Expo 2015 Pisapia si gioca la rielezione

Sul piano politico locale, Milano si chiede invece come farà il centrosinistra a ripresentarsi alle prossime elezioni: il buon governo dell'attuale giunta Pisapia si gioca anche sulla gestione della città prima, durante e dopo i sei mesi di esposizione universale che in città rappresenta l'eredità dell'amministrazione Moratti. L’interrogativo sorge perché a presidiare i cantieri per impedire l'azione di ruspe ed escavatori e in piazza a manifestare contro Expo 2015 ci sono centinaia di cittadini della sinistra che a maggio 2011 hanno sostenuto e festeggiato l'elezione del sindaco Giuliano Pisapia, oggi delusi da come il sindaco sta gestendo, nonostante l'impegno del creare commissioni antimafia, la sua prima grande sfida relativa all'esposizione universale. E mentre salgono a 44 le aziende vicine a mafia e ‘ndrangheta che hanno avvicinato o lavorano nei cantieri collegati ad Expo, cosa ne sarà del sito al termine dell'esposizione universale rimane un'incognita. Svanisce l'ipotesi dell'acquisto dell'area da parte del Milan: lo stadio rossonero e la cittadella dello sport non si faranno e il Comune ha tempo solo fino al 15 novembre per trovare un acquirente che saldi il buco da 320milioni di euro. A scoraggiare il mercato sono, oltre all'ingente investimento iniziale sull'area, le dimensioni e i rischi commerciali del progetto. Intanto la Ep Spa di Giuseppe Esposito, assieme ad altri grandi marchi campani, vince l'appalto ristorazione al Padiglione Italia: saltata agli onori delle cronache nel 2003 per presunti collegamenti fra i vertici Ep e personaggi legati alla camorra, la società di Roma con sede operativa a Napoli farà parte della squadra "Ecco Pizza&Pasta" che offrirà prodotti di gastronomia ai visitatori di tutto il mondo.

Expo sì, Expo no: al di là delle posizioni esplicite contro o a favore, l'esposizione universale per la maggior parte dei milanesi rimane un mondo grigio. C'è chi ancora oggi non ha un’opinione su ciò che accadrà a Milano dal primo maggio al 31 ottobre 2015. Un evento indefinito per cui ogni tanto nei parchi della città spunta l'ennesima ruspa, nel cantiere di Rho Fiera che costeggia la Tangenziale Ovest si solleva polvere per innalzare i padiglioni espositivi e in Procura si apre un nuovo filone d'indagine. Ma c'è un vuoto, simile a una voragine scavata nel terreno, su cui l'apparato Expo si inceppa ed è quello del tema scelto: il cibo. Ad oggi infatti di nutrizione, biodiversità e sicurezza alimentare non se ne parla. Nemmeno per contorno alle inchieste giudiziarie. E il rischio che l'esposizione universale sia l'occasione per sfondare sul fronte Ogm rimane alto: come verranno posti all'interno del dibattito sul “Nutrire il pianeta” i dati relativi al potenziale degli organismi geneticamente modificati? Che posizione prenderà l'Italia, il cui mais è venduto per fare biocarburante, nei confronti delle nazioni i cui agricoltori si arricchiscono coltivando Ogm per l'alimentazione? Con quali argomentazioni, se in tale direzione sarà declinato il dibattito, si sottolineerà il valore etico del biologico e della coltivazione naturale se attualmente in Italia vivono oltre quattro milioni di indigenti e più di dieci milioni di poveri che un'alimentazione bio non possono permettersela e vanno a caccia della salsa di pomodoro al costo più basso, magari ignorando il sistema del caporalato che sta sotto all'offerta conveniente del supermercato?

"Nutrire il pianeta". Con le multinazionali?

L'ingranaggio di Expo è potente, ma non così sofisticato. "È possibile garantire cibo e acqua alla popolazione mondiale?", si legge in una brochure di quella che sembra essere una fiera di multinazionali di agrobusiness. La Svizzera per sfamare il pianeta ha scelto il caffè e il cioccolato della Nestlè. Emblematica anche la decisione del Padiglione Italia: per rappresentare l'acqua del Bel Paese gli organizzatori hanno scelto la San Pellegrino. Un'acqua d'oro, non certo venduta nei discount in cui fanno la spesa le famiglie monoreddito e single cassaintegrati, imbottigliata in vetro e quasi introvabile nei supermercati per il costo superiore alla media. Un polpettone d'élite dal costo complessivo di 1,3 miliardi di euro, quello di Expo 2015, contro cui si scagliano quanti nel territorio milanese su cui sorgono i padiglioni si occupano quotidianamente da anni di sovranità alimentare. Comitati, collettivi, cascine recuperate: una rete antagonista alla realizzazione di una grande opera che per nutrire il pianeta pianifica la cementificazione di oltre mille ettari di terreni agricoli acquistati a basso costo. L'effetto collaterale non calcolato dai vertici Expo 2015 è proprio questo: l'esposizione universale, con le sue ombre e le sue contraddittorietà, fra cui il far convivere Ogm e Slow Food sotto il medesimo padiglione, sta proprio nell'occasione data a migliaia di cittadini di tutta Italia, già promotori negli anni di uno stile di vita alternativo, di distribuzione equa delle risorse e rispettoso dell'ambiente, di riunire le molteplici esperienze di lotta già esistenti contro lo spreco di denaro pubblico, consumo di suolo, sfruttamento del lavoro e anticorruzione sotto il nome di un unico movimento: "No Expo no canal".

Le proteste dei No Canal e le inchieste

Da una parte la rivolta di piazza degli antagonisti, dall'altra le escavatrici e gli operai al lavoro. Spesso senza casco e protezione, come accade nel cantiere Vie d'acqua del quartiere Bonola. L'opera collaterale all'esposizione universale (un canale di cemento che passa per quattro parchi milanesi incanalando l'acqua proveniente dal sito espositivo di Rho) è affidata da maggio 2013 alla Maltauro nonostante ad oggi le due teste dell'impresa vicentina siano nel mirino della giustizia: l'ex amministratore delegato Enrico Maltauro è stato arrestato a maggio 2014 nell'ambito dell'inchiesta della Procura sulla presunta “cupola degli appalti” e a ottobre il procuratore della Repubblica di Milano Edmondo Bruti Liberati ha notificato al cugino Domenico Maltauro, arrestato per corruzione e turbativa d'asta, l'ordinanza di misure cautelari degli arresti domiciliari emessa dal gip Fabio Antezza. Per la realizzazione del progetto Vie d'acqua gli operatori edili stanno procedendo con lo sradicamento degli alberi del quartiere: in via Iona sono stati abbattuti una trentina di pioppi, e la stessa sorte spetta agli alberi che rientrano nei perimetri entro cui saranno poste le vasche spingi tubo. Terreni, quelli su cui oggi si scava in via Muttoni, via Appennini, via Iona e via Bolle che non sono stati precedentemente bonificati.

"Noi rappresentiamo l'impresa e non stiamo facendo altro che seguire le indicazioni che ci sono state fornite dai progettisti. Ovvio che questi presidi mattutini e i manifestanti ci bloccano i lavori e causano un ritardo nello svolgimento", dichiara in via Muttoni uno dei responsabili di cantiere della Maltauro alle 8 del mattino accolto, sui cancelli dell'area destinata allo scavo, da un gruppo di pacifici manifestanti no canal che chiedono carotaggi al terreno e la verifica che nel suolo non vi siano sotterrati materiali inquinanti. Anche i terreni naturali presenti sotto le terre di riporto, sia del progetto Vie d'acqua che del sito espositivo di Rho, presentano contaminazioni: e nonostante i carotaggi eseguiti tra il 2010 e il 2011 mostrassero la presenza di idrocarburi pesanti e i dati sulla contaminazione dei terreni circolassero già a inizio estate 2011 durante le riunioni in cui venne rilasciato parere positivo alla Via – Valutazione di impatto ambientale, il bando di gara vinto nell'agosto dello stesso anno dalla Cmc di Ravenna non aveva messo in preventivo alcun costo di bonifica. Nell'accordo si legge che è possibile far ricadere sugli originari proprietari dei terreni le spese causate da eventi inquinanti fino a una somma di 6milioni di euro. Ad oggi però i costi di bonifica ammontano a 17 milioni. I vertici hanno così stabilito che il terreno da riporto inquinato, terre e rocce da scavo, venga portato in apposite discariche della provincia di Milano per essere ripulito (costo 14 milioni) e solo il terreno naturale bonificato in sito (costo 3 milioni). Il totale è un extra costo a cui la società Expo 2015 deve necessariamente far fronte in corso d'opera. Una mancia a fine pasto, per così dire, che sarà la popolazione a tirar fuori dal portafoglio. E a essere nutrite, ancora una volta, non saranno le tasche dei cittadini.

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