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Inchiesta Expo, la procura generale fa ricorso dopo la condanna: “Nessuna attenuante per Sala”

Il pg ha impugnato la sentenza dei giudici di primo grado che ha condannato a sei mesi il sindaco di Milano Beppe Sala in merito al processo sulla Piastra di Expo. Secondo quanto si legge nell’atto depositato questa mattina all’ex ad non andrebbero concesse attenuanti di valore morale o sociale in merito alla scelta fatta di retrodatare due documenti per evitare ritardi.
A cura di Chiara Ammendola
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La Procura Generale di Milano ha depositato oggi il ricorso con cui ha impugnato la sentenza e dunque la concessione dell'attenuante dell'aver agito per motivi di "particolare valore morale o sociale" riconosciuta al sindaco di Milano Giuseppe Sala, condannato in primo grado a sei mesi convertiti in multa per falso, nell'inchiesta sulla Piastra di Expo. Come si legge nell'atto d'appello "Non può ritenersi che la soluzione adottata, di eliminare le incompatibilità con atti pubblici retrodatati," dei due componenti della commissione della gara della Piastra "fosse supportata da una incondizionata approvazione della società, in considerazione della conclamata lesione del bene giuridico della fede pubblica e della trasparenza dell'attività amministrativa, anch'esso socialmente approvato".

Dunque per il procuratore generale Massimo Gaballo, firmatario dell'atto d'appello, il fatto che il primo cittadino di Milano all'epoca ad Expo abbia agito al solo fine di evitare ulteriori ritardi dell'evento non è motivo di particolare valore morale e sociale perché non tutta la collettività lo considera prevalente sul bene giuridico della fede pubblica e della trasparenza dell'azione amministrativa. Per questo la pena inflitta a Sala viene considerata "eccessivamente esigua": il tribunale di Milano avrebbe dunque "erroneamente concesso le circostanze generiche". Inoltre l'ex ad "non ha mai collaborato alle indagini, facendosi interrogare o rendendo dichiarazioni spontanee, come sarebbe stato doveroso anche in considerazione del suo ruolo pubblico" e "nell'esame dibattimentale ha reso dichiarazioni ritenute mendaci dallo stesso Tribunale".

Il sindaco, indagato in qualità di amministratore delegato e commissario unico dell'Esposizione universale, è stato condannato nell'ambito del processo sulla Piastra Expo per aver retrodatato consapevolmente i documenti sulla nomina della commissione di gara per l'appalto della piastra di Expo, con l'obiettivo di evitare "il rischio di ulteriori ritardi nell'espletamento della procedura". La pena si sei mesi per falso è stata convertita in pena pecuniaria di 45 mila euro. La procura generale aveva chiesto per il primo cittadino milanese una condanna a un anno e un mese: i giudici, come emerso dalle motivazioni, hanno però riconosciuto all'ex commissario di Expo l'attenuante di aver "agito per motivi di particolare valore morale o sociale", e cioè quello di garantire l'apertura dell'Esposizione universale nei tempi previsti. Ora la decisione del pg di impugnare la sentenza.

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