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Covid 19

Il virologo Pregliasco: “Attenti alle patenti di immunità, test sierologici hanno validità relativa”

Discoteche chiuse, partite di calcio senza pubblico, bar e ristoranti con tavoli ad almeno due metri di distanza. Così sarà la “riapertura” dopo l’emergenza Coronavirus, secondo il virologo della Statale di Milano Fabrizio Pregliasco. “Ma non ci saranno subito zero casi, e il vero tema sarà pensare subito a nuove chiusure parziali in presenza di nuovi focolai”, spiega il professore a Fanpage.it. Sui test sierologici per rilasciare “patenti di immunità”: “Sono ancora da validare, ma non risolvono il problema, vanno fatti in tempi diversi e hanno sempre un margine di errore, di falsi positivi”.
Intervista al Dott. Fabrizio Pregliasco
Virologo, direttore sanitario dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano
A cura di Francesco Loiacono
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L'andamento dei casi di contagio da Coronavirus in Lombardia e in tutta Italia. E il tema delle "patenti di immunità" da rilasciare sulla base dei test sierologici in vista di quella "riapertura" del Paese di cui sempre più spesso si inizia a parlare. Sono alcuni dei temi affrontati dal professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università Statale di Milano e direttore sanitario dell’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, in un'intervista con Fanpage.it.

Professore, come giudica gli ultimi dati sull'andamento della pandemia di Covid-19 nel nostro Paese? 

Sono segnali positivi che rinfrancano nell'andare avanti. Si tratta ancora di un andamento lineare, sono sempre nuovi casi ma sempre meno, si ritorna a una situazione meno drammatica. Le Regione del Sud tengono, rimangono Milano e provincia come situazioni a rischio.

Dal suo osservatorio, la pressione negli ospedali milanesi è diminuita?

Sì, è minore e questo è un buon segno.

Anche oggi il sindaco di Milano Beppe Sala è tornato a parlare della ripartenza, del "dopo" Coronavirus.

Non ci saranno subito zero casi, i vari modelli pur nelle loro imprecisioni ci dicono che verso il 22-25 aprile si arriverà a una situazione in cui non ci saranno zero casi, ma ce ne saranno pochi. E qui sarà eventualmente una decisione della politica dover dire: bisogna andare avanti, anche se qualcuno continuerà a morire.

Il picco che lei indica è relativo alla Lombardia? 

Complessivamente, in Italia. Non sarà magari precisamente il 22 o il 25, ma potrà essere alla fine del mese di aprile.

Come sarà la ripartenza?

Il primo elemento da dire è questo: che quando si ripartirà si dovrà pensare anche a richiusure parziali in caso di nuovi focolai. Il grosso del lavoro sarà riorganizzare le modalità con cui individuare nuovi focolai e bloccarli. Con pochi casi si può tornare a fare una serie di tamponi e indagini epidemiologiche per andare a individuare i contatti stretti e i singoli casi, sul modello di Vo' Euganeo.

Cosa succederà per le aziende?

Sicuramente le aziende, tramite i loro responsabili del servizio prevenzione e protezione (Rspp) dovranno rivedere i documenti di valutazione del rischio (Dvr) per ripensare a quelle situazioni che potrebbero portare a situazioni di troppa vicinanza, quindi una revisione delle modalità organizzative.

E per quanto riguarda la nostra vita sociale?

Gli aspetti della socialità saranno gli ultimi a ripartire. Si deve immaginare che le discoteche rimarranno chiuse, le partite di calcio saranno senza pubblico, nei bar e ristoranti i tavoli dovranno essere distanziati almeno due metri tra loro per poter far passare i camerieri con adeguati dispositivi di protezione e gli stessi tavoli non dovranno essere affollati.

Lo stadio bisognerà dunque dimenticarlo per un po'. 

Stadi, discoteche, anche i concerti e tutti i grandi eventi di massa.

Per quanto riguarda aspetti quotidiani dei cittadini, come i trasporti?

Bisognerà pianificare i trasporti in maniera che non siano affollati, e questo comporterà tempi di trasporto più lunghi, perché non potranno esserci le metro di un tempo. I datori di lavoro dovranno adeguarsi, magari con orari sfalsati.

Un altro aspetto legato alla ripartenza sono i test sierologici, di cui si discute anche oggi a proposito delle cosiddette "patenti di immunità". 

Sono ancora da validare, ma non risolvono il problema. Non è che facendo un test dai subito una "patente di immunità". Il test positivo Igg si può evidenziare in diverse situazioni, a malattia ancora in atto, bisogna quindi fare anche un tampone.

Quindi il test sierologico da solo ha una validità relativa?

Sì, il test va provato a distanze diverse, perché ci sono due tipi di immunoglobuline (anticorpi che il nostro organismo produce in caso di contagio, ndr): quelle cosiddette Igm che vanno dai 7 ai 20 giorni, e sono il segno di un'infezione in atto, sostanzialmente, con però un periodo "finestra" di una settimana. E poi ci sono le Igg che cominciano dal 14esimo giorno e possono essere associate alla protezione successiva, ma che ovviamente ci sono già durante la malattia. C'è l'ulteriore difficoltà di dover fare comunque un tampone, verificare se è positivo o negativo per poter dire che quella positività è solo un segno della pregressa infezione.

Quindi secondo lei si sta dando troppa importanza a questi test e alle "patenti" in vista della riapertura? 

È inutile perché comunque in ogni caso hanno un margine di errore, di falsi positivi.

Quindi anche quando questi test saranno validati servirà agire con prudenza e tenere in maggior considerazione sempre i dati e la curva dei contagi?

Esattamente.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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