Il testamento di Bernardo Caprotti: “Non vendete mai Esselunga alle Coop”
Nelle tredici pagine che costituiscono il testamento di Bernardo Caprotti, il patron dell'Esselunga, emerge un chiaro diktat per gli eredi: non vendere mai la catena di supermercati alle Coop rosse. Un mondo, quello delle cooperative, che il novantenne imprenditore, scomparso una settimana fa, ha da sempre combattuto finché è rimasto in vita (famoso il suo libro "Falce e carrello" del 2007). E che adesso vuol continuare a combattere, attraverso moglie e figli, anche da morto. A riportare la notizia della particolare clausola nel testamento è il quotidiano "La Repubblica", che ha potuto visionare il documento.
Oltre alla ripartizione del suo impero tra i due rami della famiglia, con un netto squilibrio in favore della seconda moglie Giuliana Albera e della figlia Marina, Bernardo Caprotti nella parte finale del documento ha espresso preoccupazione per il destino del suo impero, che conta attualmente oltre 22mila dipendenti: "La società è privata, italiana, soggetta ad attacchi […] può diventare una Coop. Questo non deve succedere". Meglio dunque cercare un alleato o un compratore estero (anche se la vendita della società è stata al momento bloccata dal Cda). Chi? Cappotti fas qualche nome: sì alla olandese Ahold, no alla spagnola Mercadona.
Caprotti amaro sull'Italia: "Questo paese cattolico non tollera il successo"
Con la decisione di riservare il 66,6 per cento della holding Supermarkets italiani Spa alla moglie e alla figlia Marina e il 16,6 per cento ai figli di primo letto Giuseppe e Violetta, protagonisti di una lunga battaglia giudiziaria col padre, Caprotti conta di avere evitato lotte che avrebbero dilaniato le sue aziende (oltre alla holding Supermarkets italiani a capo di Esselunga c'è anche l'immobiliare Villata, che comprende uffici, magazzini e supermercati). Ma anche in punto di morte Caprotti sembra essere rimasto realista e amaro: "Famiglia non ci sarà", scrive.
Lo schiaffo a Milano: un olio di Manet donato al Louvre
Altri giudizi, severi e amari, li riserva all'Italia: "Questo Paese cattolico non tollera il successo". E una stilettata finale è riservata a Milano, città in cui aprì il suo primo supermercato (in viale Regina Giovanna), che gli dedicherà una via o un parco e gli potrebbe assegnare anche l'Ambrogino d'Oro alla memoria. Dopo un'esperienza negativa in seguito alla donazione di un dipinto alla Pinacoteca Ambrosiana, infatti, Caprotti ha cancellato le donazioni previste per la Galleria di arte moderna a Milano, donando invece al Louvre il dipinto a olio di Manet "La vergine col coniglio bianco", a patto che venga esposto accanto al Tiziano originale.