Il prefetto di Lodi: “Codogno era la Wuhan italiana, la zona rossa decisa in una notte”
A tre mesi dal primo caso italiano di Coronavirus, quello del paziente 1 Mattia di Codogno, il prefetto di Lodi Marcello Cardona in un'intervista al quotidiano "La Repubblica" ha raccontato com'è nata la decisione di istituire la zona rossa del Lodigiano che ha isolato per due settimane a partire dal 24 febbraio 50mila persone residenti in dieci comuni: "Medici e dirigenti sanitari sono stati subito chiari: Codogno andava considerata la Wuhan italiana e la Lombardia l'Hubei del Paese – ha raccontato Cardona al giornalista Giampaolo Visetti -. Non c'era tempo da perdere: bisognava seguire l'esempio cinese e chiudere tutto".
Cardona, che dal 2017 al 2019 è stato questore di Milano, ha spiegato che la decisione di isolare i dieci comuni del Lodigiano è stata presa la stessa notte in cui l direttore generale dell'azienda ospedaliera, Massimo Lombardo, gli comunicò il primo caso di coronavirus: "Mi ha detto che la situazione era grave. Due ore dopo ero in videoconferenza con il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, e con quello della Difesa, Lorenzo Guerini". Proprio quest'ultimo, che è nato a Lodi ed è stato sindaco e presidente della Provincia, secondo Cardona avrebbe disegnato materialmente i confini della zona rossa sulla base dei contagi comunicati, alla presenza anche del Capo della Protezione civile Angelo Borrelli.
Sulla mancata istituzione della zona rossa a Nembro: Non so cosa è successo
Nell'intervista Cardona sottolinea il ruolo del governo nella decisione – "Senza lo Stato centrale non saremmo qui a ragionare su come riaccendere il motore di lavoro e sviluppo" – e la difende, in quanto "rallentare il contagio ha permesso di evitare migliaia di morti in Italia e nel resto d'Europa", anche se non nasconde la difficoltà di isolare completamente intere comunità, specialmente per il violento impatto sull'economia dei territori.
Sulla mancata istituzione della zona rossa a Nembro e nella Bergamasca, una vicenda che ha alimentato molte polemiche tra la Regione Lombardia e il governo, Cardona non risponde direttamente ma sottolinea come, nel caso del Lodigiano, "Roma ha reagito subito, mettendo al primo posto la salute delle persone". E sulle presunte pressioni che avrebbero ritardato la scelta da parte della Lombardia sulla chiusura della Bergamasca risponde con un "no comment" e aggiunge: "Nel caso di Lodi, Fontana non ha sollevato obiezioni. Cosa è successo dopo non lo so".
Ospedali e medicina territoriale non erano preparati
Nonostante la zona rossa del Lodigiano, tuttavia, l'epidemia di Covid-19 in Lombardia si è diffusa come in nessun'altra regione italiana. I dati, oltre 15.500 morti e più di 85mila contagiati, sono quelli di un disastro. E sulle cause Cardona ha pochi dubbi: "Ospedali e medicina territoriale non erano preparati. Non c'erano mascherine, guanti, occhiali, camici, disinfettanti, reagenti e ossigeno. Medici di base e case di riposo non sono in rete con il sistema sanitario". Problemi che però, secondo il prefetto, riguardano tutta Italia: "Ospedali, medicina territoriale e strutture per anziani non vanno rivoluzionate solo qui".
Sull'inchiesta in corso sulla gestione dell'emergenza all'ospedale di Codogno Cardona parla di un atto dovuto, ma non ha dubbi: "Sono fiducioso sul fatto che nessun medico sarà processato". D'altronde, secondo Cardona, a loro va parte del merito di aver salvato la regione da una tragedia di dimensioni ancora più grandi: "Ho vissuto gli istanti delle scelte cruciali e posso testimoniare che la Lombardia è stata salvata dalla qualità dei suoi medici e dall'impegno del governo, più distante dalle pressioni territoriali".