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Il bullismo visto dagli occhi dei ragazzi che lo subiscono: una mostra fotografica a Milano

Fino al 17 marzo al Pac – Padiglione di arte contemporanea di Milano si terrà la mostra “Ri-scatti: Amico fragile, il bullismo fotografato da chi lo subisce”. Nove ragazzi tra i 12 e 20 anni che sono stati o sono ancora vittime di bullismo esporranno le loro foto che documentano in maniera inedita come si sente chi è vittima di soprusi e violenze da parte dei propri coetanei. Col ricavato delle foto, in vendita, si potrà aiutare la Casa pediatrica dell’ospedale Fatebenefratelli – Sacco, struttura specializzata per le vittime di bullismo.
A cura di Francesco Loiacono
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(Una delle foto esposte nella mostra)
(Una delle foto esposte nella mostra)

Come si sente chi è vittima di bullismo? Cosa percepiscono i ragazzi e le ragazze vittime di violenze e soprusi ingiustificabili e inspiegabili da parte dei loro coetanei? Una possibile risposta è nelle foto scattate direttamente dalle vittime di bullismo, che restituiscono a chi le guarda il loro sguardo sul mondo. Centododici di queste immagini sono in mostra fino al 17 marzo al Pac – Padiglione di arte contemporanea di via Palestro a Milano, nell'ambito della quinta mostra di fotografia sociale ideata dalla onlus Riscatti. Nove ragazzi tra i 12 e i 20 anni, che sono stati o sono tutt'ora vittime di bullismo, sono gli autori degli scatti in mostra: documenti inediti che raccontano dall'interno cosa subisce chi viene "bullizzato". I fotografi che espongono i loro lavori per oltre due mesi hanno seguito un workshop di fotografia tenuto da Amedeo Novelli (fotografo professionista tra i fondatori di WJ – Witness Journal) che ha insegnato ai ragazzi a servirsi dell'arte fotografia per esternare il proprio disagio. Contemporaneamente un altro fotografo di Witness Journal, Luca Matarazzo, ha impartito le stesse lezioni ad altri adolescenti vittime di bullismo, rintracciati con l'aiuto di Arcigay giovani.

Al centro di tutte le foto la diversità che alimenta il bullismo

Dal momento che alcuni dei ragazzi protagonisti della mostra erano ancora vittime dei soprusi dei loro coetanei, a tutti i novelli fotografi è stato consentito di utilizzare, anziché una macchina fotografica, uno smartphone. Ma il risultato è stato ancora più aderente alla realtà quotidiana di tutti questi giovani, dal momento che spesso è proprio lo smartphone lo strumento attraverso il quale i ragazzi vengono bullizzati. Al centro delle tante foto in mostra c'è sempre, sottesa, la diversità: di genere, di razza, di religione, fisica o intellettuale, naturalmente tenendo sempre in mente che per parlare di diversità bisogna che qualcuno si arroghi il diritto di definire un concetto di normalità e utilizzarlo per i propri distinguo. È però sempre dalla presunta diversità che si origina il bullismo: ed è questa diversità che anima gli scatti dei ragazzi in mostra.

Le foto sono in vendita: col ricavato si aiutano le vittime di bullismo

All'interno della rassegna "Ri-scatti: Amico fragile, il bullismo fotografato da chi lo subisce" non ci sono comunque solo foto, ma anche disegni e testimonianze audio e scritte di chi ha vissuto o vive il dramma del bullismo. La mostra, promossa dal Comune di Milano con il supporto di Tod's e curata da Diego Sileo, ha anche un intento solidale: le istantanee esposte sono in vendita e il ricavato finanzierà le attività dedicate alle vittime di bullismo all’interno della Casa pediatrica del dipartimento materno infantile dell’ospedale Asst Fatebenefratelli – Sacco di Milano. Si tratta di una struttura specializzata diretta dal dottor Luca Bernardo da cui provengono alcuni dei giovani fotografi che hanno partecipato alla mostra: "Data la delicatezza del tema e la difficoltà di rappresentazione iconografica del bullismo, si è trattato di un progetto tra i più complessi realizzati dalla nostra onlus – ha detto la presidente di Riscatti Federica Balestrieri – Dai racconti dei ragazzi e dei genitori è spesso emersa la tendenza di docenti e presidi a sminuire o sottovalutare gli atti di bullismo bollandoli come ragazzate. Un atteggiamento che acuisce il senso di solitudine e isolamento di vittime già traumatizzate dalle violenze subite. Con questo progetto – ha concluso la presidente della onlus – Riscatti spera di rompere il silenzio che spesso porta le vittime a gesti estremi di cui le cronache ci riferiscono".

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