Guardia medica, Ats Milano: “Servizio precedente era migliore, ma bando deserto non è colpa nostra”
Risponde colpo su colpo alle critiche mosse dai medici e alle criticità riscontrate da Fanpage.it nel nuovo corso della guardia medica a Milano, ora offerta con il servizio in taxi, il direttore generale dell'Agenzia per la tutela della salute della città Metropolitana di Milano Walter Bergamaschi. Dalla minor sicurezza per dottori e pazienti al bando andato deserto. Dall'accordo stipulato con la sigla sindacale Snami al futuro.
Direttore, conferma che avete un accordo con i medici?
Sì, abbiamo trovato un'intesa secondo cui il tassista che accompagna il dottore presso il domicilio, su richiesta del medesimo, può aspettare sotto casa sino al termine della prestazione.
Da Snami facevano sapere che questo accordo è strettamente legato all'indizione di un nuovo bando a stretto giro.
Non è esattamente così. Prima di tutto vogliamo continuare la sperimentazione con i taxi per avere una valutazione quanto più esaustiva su questo nuovo corso. Dopodiché, proveremo a rivedere con le croci se le condizioni sono maturate e, in secondo luogo, se avremo la ragionevole speranza di poter avere delle offerte in un nuovo bando.
Il servizio allo stato attuale però non dà nuovi benefici per i cittadini. Concorda sulla riduzione di sicurezza?
Milano era l'unica città in Italia ad avere un servizio di guardia medica con accompagnatore, nessun'altra realtà anche appena fuori dalla città gode di questo servizio. I dottori sono autonomi. Però sì, su questi termini il servizio offerto precedentemente era migliore. Ma se il bando va deserto…
Ha letto le motivazioni di Anpas circa la sua assenza?
Sì ma le loro motivazioni sono smentite dal fatto che in altri distretti della nostra Ats alcune croci hanno partecipato e hanno avuta aggiudicata la fornitura.
Però le croci, essendo onlus, non possono emettere fattura, come voi richiedevate. Come fare, quindi?
Quando si tratta di contratti di centinaia di migliaia di euro, esistono delle regole che devono essere rispettate. E le croci, volendo, possono attrezzarsi per rispettarle.
Cosa avete evidenziato sinora dall'avvio del nuovo servizio in taxi della guardia medica?
Che la base d'asta era molto alta. Ci siamo accorti che, attualmente, la spesa è minore perché gli interventi dei medici sono decisamente limitati. Quindi un eventuale nuovo bando avrà una base d'asta ricondotta e dimensionata ai dati che avremo.
Perché gli interventi sono diminuiti?
Perché in un centro urbano grande come Milano ci sono diverse realtà che offrono servizi sanitari anche quando il medico di base non c'è. Pensiamo agli ambulatori, ai pronti soccorso, agli ospedali. Il ricorso dei cittadini alla guardia medica è meno sentito rispetto ad altre realtà più piccole.
Quante uscite avete registrato sinora da novembre?
Sono state fatte poco più di 1400 uscite sino alla prima settimana di febbraio inclusa. Ciò significa un'uscita e mezzo al giorno per ogni postazione. Ogni postazione ha due medici. Considerando che sabato e la domenica il servizio è attivo 24 ore, mentre dal lunedì al venerdì è attivo 12 ore, significa che nel weekend escono tre volte e negli altri giorni una volta per notte. Ciò testimonia che l'intervento, rispetto ad altri territori, è limitato.
Cosa state facendo in merito?
Stiamo lavorando anche con i dottori per potenziare il servizio ambulatoriale. Non solo nei distretti, che sono nove a Milano, ma anche in altri punti della città. E le visite in ambulatorio stanno crescendo, anche se parliamo di numeri estremamente limitati. Le uscite invece sono determinate dal medico che decide se e quando è necessario l'intervento domiciliare.
A proposito, vi è mai sorto il dubbio sul comportamento dei medici? Essendo loro a decidere se intervenire o meno…
Ci dobbiamo fidare dei medici ma vigiliamo sull'andamento del servizio. Il fatto che ci sia un centralino centrale presso Areu che raccoglie le chiamate e le filtra, avvisando il medico una volta inquadrata la situazione, è un aspetto che permette di controllare maggiormente il medico. A mio avviso è chiaro che la presenza di un'offerta importante genera un meccanismo sia per il medico che per il paziente di maggior rinvio alle strutture sanitarie. Quello che non si può risolvere al telefono, tendenzialmente trova più facilmente risposta in altre strutture.
Può essere determinato dal fatto che, in questo periodo, senza accompagnatore si sentano meno sicuri di raggiungere certe zone?
Sì, per questo abbiamo suggerito di farsi accompagnare da un collega. L'altro dottore può comunque rispondere al telefono per un'altra chiamata e nel mentre dare supporto al medico uscente. Questa è una soluzione che risponde al tema di minor sicurezza che impera.
I medici però contestano questa vostra proposta.
Sì, l'hanno detto anche a noi durante l'incontro del 12 febbraio. Lo capisco, ma il punto di partenza resta quello secondo cui noi non abbiamo voluto togliere un servizio perché vogliamo risparmiare. Ci siamo trovati in questa situazione. Non siamo più nei tempi in cui i contratti di centinaia di migliaia di euro all'anno possono essere assegnati in forma discrezionale solo perché le onlus ospitano il servizio di continuità assistenziale. I contratti hanno un valore rilevante. E comunque non solo le onlus offrono questi servizi.
E perché, oltre ad Anpas, non si è presentato nessun'altra realtà? Né le cooperative, né altre società private?
L'impressione che ho avuto è che quando uno si sente un po' monopolista si sente di poter anche non negoziare. Prima avevano rapporti diretti anche non attraverso delle gare con importi che venivano derivati dalle richieste e il fatto di essere imbrigliati all'interno di una gara e concorrere fra loro, secondo me, li ha portati a una posizione in cui inizialmente hanno pensato che noi saremmo andati comunque a ragionare con loro. Ma sono confidente che si possa riprendere il rapporto, sapendo che le alternative ci sono. Gli daremo il tempo per organizzarsi.
Dai medici è poi sorto il problema del sottonumero, del quale non ne discutete sino a marzo per un accordo tra Snami e Ats. State ragionando su come porvi rimedio?
Ci sono diversi aspetti, il tema di marzo è legato al fatto che ci sono una serie di progettualità discusse di anno in anno. Queste sono legate a degli obiettivi che vogliamo i medici raggiungano e per i quali la parte sindacale chiede degli incentivi. Il primo obiettivo è quello degli ambulatori, affinché il medico impieghi di più il suo tempo in assistenza. C'è anche il tema della visite per i pazienti che non sono della regione; loro dicono che nelle altre regioni coloro che non sono residenti pagano per una prestazione, mentre in Lombardia no. Dobbiamo contrattare a riguardo. Loro da sempre chiedono che aumentino il numero di postazioni ma considerato che nell'area urbana gli interventi sono così pochi, la richiesta di aumento delle postazioni non trova riscontro.
Qual è il vostro progetto per venire incontro alle richieste dei medici?
Abbiamo delle esperienze in corso che vorremmo potenziare, ovvero ad avere la possibilità che i medici di famiglia lavorino in gruppo garantendo orari di apertura dalle 8 alle 20, e che dalle 20 a 24 un medico di continuità assistenziale vada a lavorare dove questo gruppo di medici di base opera. Ciò significherebbe che i pazienti di quei medici possano avere un servizio di 16 ore al giorno. In quel caso il ruolo del medico di continuità assistenziale varierebbe, collaborando con i medici di famiglia per conoscere i pazienti degli stessi. Questa, a mio avviso, è la vera continuità assistenziale.
Può confermare che Ats ha in mente di accorpare due o più ambulatori a livello distrettuale?
No, ad oggi solo qualche sede della continuità assistenziale è stata accorpata ad un'altra perché prima stavano presso le croci e ora non più. Questo sarà comunque motivo di discussione coi medici, ma secondo me il tema principale non riguarda le sedi nelle quali i medici stanno per il turno di notte, bensì gli ambulatori. Noi vorremmo fare in modo che pur con delle sperimentazioni, presso i poliambulatori e i cosiddetti "Prest" possano lavorare anche i dottori della guardia medica.
Questo cosa significherebbe per i pazienti?
I pazienti usufruirebbero di un'offerta territoriale completa.