Green Hill: condannati anche in appello i responsabili dell’allevamento-lager di Beagle
Tutte confermate in appello le condanne emesse in primo grado nei confronti dei responsabili di Green Hill, l’allevamento-lager di beagle di Montichiari, chiuso nell'estate del 2012 dopo diverse irregolarità riscontrate nel centro. La Corte d’Appello di Brescia infatti oggi ha convalidato anche in secondo grado tutte le accuse contro i vertici dell’allevamento di proprietà della multinazionale Marshall che selezionava cuccioli per la sperimentazione animale. Resta quindi la condanna ad un anno e sei mesi di carcere per il veterinario della struttura, Renzo Graziosi, e per il cogestore di Green Hill, Ghislene Rondot, così come resta la condanna ad un anno per il direttore del centro Roberto Bravi. Tutti e tre gli imputati erano accusati di maltrattamento e di uccisione di animali per aver messo in atto l'eliminazione dei cani non perfettamente rispondenti ai requisiti richiesti dalle aziende farmaceutiche che li richiedevano per la sperimentazione. Il giudice inoltre ha confermato anche la misura della sospensione dalle attività per due anni e la confisca dei cani.
"Con questa nuova sentenza, si confermano rigore morale ed equità nell’applicare il diritto a esseri viventi capaci di provare sofferenze e dolore" esulta in una nota la Lav che si era presentata come parte civile nel processo, aggiungendo: "Con questa sentenza storica, senza precedenti per numero di animali tratti in salvo e per la portata innovativa sul piano giuridico, è stato smantellato l’inaccettabile teorema del cane ‘prodotto da laboratorio' e per questo ‘usa e getta'". "La battaglia giudiziaria di certo non finisce qui. Le lacune nei controlli da parte dei veterinari Asl di Brescia, già emersi in modo evidente anche nel corso del processo di primo grado oltre che in Appello, saranno oggetto, infatti, di uno specifico processo che si aprirà il 9 marzo prossimo con cinque imputati, tra dipendenti e veterinari Asl" hanno concluso dall'associazione animalista riferendosi all'altro filone di inchiesta in corso.
I legali di Green Hill dal loro canto hanno già annunciato il ricorso in Cassazione contro la sentenza. "Il processo è stato fin dalle fasi iniziali fortemente influenzato da una campagna animalista ingiustamente accanita che in realtà vuole vedere l’azienda condannata non per i metodi di allevamento ma piuttosto per le finalità di quest’ultimo e non ne considera la necessità per la ricerca medico-scientifica. Non sono stati presi in considerazione la gran quantità di documenti e materiali prodotti dalla difesa che certificano il rispetto del benessere animale, l’assenza di maltrattamenti e l’eccellenza dell’allevamento" lamentano gli avvocati, ribadendo che i loro assistiti "rivendicano di aver sempre svolto il proprio lavoro nel pieno rispetto delle normative vigenti, come le decine di ispezioni di vari enti come Asl, Istituto Zooprofilattico e Ministero della Salute hanno dimostrato".