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Expo 2015: il Tar riabilita un’azienda interdetta per mafia. Che ora chiede i danni

Il 22 dicembre il Tar della Lombardia ha riabilitato un’azienda esclusa da un appalto legato all’Expo perché destinataria, a settembre, di un’interdittiva antimafia da parte della Prefettura di Milano. Adesso la ditta in questione potrebbe chiedere un risarcimento. Probabile il ricorso al Consiglio di Stato del Viminale.
A cura di Francesco Loiacono
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Lo si può vedere come un paradosso, o una forse eccessiva garanzia della giustizia italiana. Oppure come uno dei tanti meandri nei quali la burocrazia può far incagliare le opere pubbliche del nostro Paese. Fatto sta che, lo scorso 22 dicembre, il Tribunale amministrativo della Lombardia ha riabilitato una delle tante – finora più di 30 – aziende interdette dai lavori per Expo a causa di presunte contiguità con organizzazioni mafiose. E un ulteriore paradosso, in una vicenda che in ogni caso non è nuova nell'ambito dei travagliati lavori per la prossima Esposizione universale, è che la ditta in questione potrebbe addirittura rivalersi sull'esclusione, chiedendo un risarcimento.

All'azienda interdetta appalto da 547mila euro

L'azienda interdetta, come riporta il Corriere, è la Ausengineering Srl. È una delle tante ditte, un terzo del totale, a cui la società Expo Spa si è rivolta senza passare da un bando, ma per affidamento diretto, con una procedura che negli scorsi giorni è stata ciriticata dal presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone. La Ausengineering avrebbe dovuto occuparsi dell'appalto da 547mila euro per il cablaggio della centrale di controllo di Expo di via Drago. Lo ha fatto, procedendo però con notevoli ritardi, fino allo scorso 11 settembre, quando è stata destinataria di un'interdittiva antimafia firmata dalla Prefettura di Milano. Nei documenti il legale rappresentante della società viene definito "noto frequentatore di esponenti della malavita" e "il perfetto elemento di congiunzione tra il mondo imprenditoriale e la criminalità organizzata". Elementi sufficienti per far sì che, il 6 ottobre, la società Expo strappasse il contratto affidando l'appalto a una'altra ditta, che oggi ha praticamente terminato i lavori.

Le ricostruzioni dell'antimafia bocciate dal Tar

Come accaduto in altri casi, per le più di 60 interdittive antimafia – le ultime hanno riguardato alcuni lavori nella Darsena e sulla Tangenziale est esterna di Milano (Teem) – emanate da quando sono partiti i lavori legati a Expo, la ditta esclusa ha però presentato ricorso al Tar. E il tribunale amministrativo ha ritenuto infondata, e dunque illegittima, l'interdittiva, ritenendo le accuse insufficienti per definire l'azienda vicina alla criminalità organizzata ed escluderla da appalti pubblici. Inutili, ai fini del Tar, le ricostruzioni della Prefettura sul passato dell'amministratore dell'azienda: una denuncia nel 1996 a Nicotera (Vibo Valentia) per porto abusivo di armi, un avviso orale ricevuto nel 1998 dal questore di Vibo, una condanna nel 2004 per bancarotta fraudolenta ai danni di un'altra azienda e la frequentazione di pregiudicati legati alla cosca di ‘ndrangheta dei Mancuso di Limbadi tra il 1992 e il 2009. Ricostruzioni bocciate dal Tar, che ha aperto dunque la strada della richiesta di risarcimento da parte dell'azienda, ingiustamente esclusa. Ma sulla vicenda, adesso, si attende il probabile ricorso del ministero dell'Interno al Consiglio di Stato.

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