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Expo 2015 nelle mani della ndrangheta: l’inchiesta che svela gli affari dei clan

Arresti e un’inchiesta che svelava in maniera capillare i collegamenti fra cosche e politica locale lombarda. Obiettivo: il controllo del grande business di lavori e forniture che si muoveva sotto il cappello dell’Esposizione universale 2015 di Milano. Nell’aprile del 2016 le condanne per molti protagonisti della vicenda.
A cura di Ester Castano
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Speculazioni immobiliari, appalti e subappalti legati a Expo 2015 nelle mani dei clan calabresi: questo quanto era emerso dall'indagine della procura di Milano guidata all'epoca da Ilda Boccassini che il 28 ottobre 2014 aveva portato all'arresto di 14 persone fra Lombardia e Calabria legate alla politica milanese e alle cosche della ‘ndrangheta. Secondo l'accusa gli arrestati avrebbero ottenuto vantaggi da ambienti imprenditoriali e bancari coinvolti in finanziamenti illeciti. Ma non solo: gli inquirenti avevano scoperto un mondo istituzionale infiltrato che forniva notizie riservate alle ‘ndrine. E lo strumento con cui la mafia calabrese era arrivata al controllo di Expo 2015 è sempre lei: la politica. Nulla di diverso da quanto i comitati no expo – no canal, la Commissione Antimafia e la Procura milanese denunciavano da mesi: fra le persone arrestate spuntavano infatti nomi già noti nelle carte delle operazioni Metastasi, Grillo Parlante e Infinito degli ultimi quattro anni. Nomi noti, sospetti, arrestati e poi condannati, con una sola eccezione. Proprio il giorno prima degli arresti il sindaco di Milano Giuliano Pisapia presentando il palinsesto della kermesse “Expo in Città” dichiarava: «Expo è un grande progetto che porterà qualcosa al futuro del pianeta» assicurando che il capoluogo lombardo sarebbe stato un punto di discussione fondamentale sul tema dell'evento “Nutrire il Pianeta”. Ma da quanto emerse dall'indagine a cibarsi di Expo c'era solo la ‘ndrangheta e una classe politica e imprenditoriale assoggettata al volere delle cosche.

Expo e ndrangheta: i nomi degli arrestati

Le indagini dei Ros dei Carabinieri, eseguiti nelle province di Milano, Como, Monza-Brianza, Vibo Valentia e Reggio Calabria, avevano sgominato due gruppi della ‘ndrangheta radicati nel Comasco. Nell'Ordinanza di Custodia Cautelare del Gip Alfonsa Maria Ferraro emergevano i ruoli di un agente di polizia penitenziaria, un funzionario dell’Agenzia delle Entrate e un imprenditore immobiliare che si erano messi a disposizione delle cosche. Ottocento pagine in cui era descritto il contratto siglato fra esponenti dei clan e il sistema Expo. Questi i nomi delle persone che erano state arrestate: Galati Antonio, nato a Mileto (VV), il 6.2.1952, Galati Giuseppe, nato a Castellana Sicula (PA), il 12.5.1971, Galati Giuseppe, nato a Vibo Valentia (VV), il 13.9.1979, Galati Fortunato, nato a Vibo Valentia, il 6.10.1978, Rombolà Matteo, nato a Seregno (MB), il 25.01.1985, Barone Francesco (poi assolto), Bartone Fortunato, nato a Mileto (VV), Sorrentino Saverio, nato a Francica (VV), il 20.05.1961, Denami Antonio, nato a Vibo Valentia (VV), il 19.10.1986, Monzini Franco, nato a San Benedetto Po (MN), il 8.6.1948, Vellone Luigi, nato a Serra San Bruno (VV), il 14.3.1960, Addisi Luigi Calogero, nato a San Calogero (VV), il 2.2.1959, Muscatello Salvatore, nato a Amato (CZ), il 2.4.1934, Pititto Alberto, nato a Vibo Valentia (VV), il 26.10.1975. I 14 indagati erano accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, detenzione e porto abusivo di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di denaro di provenienza illecita, abuso d'ufficio, favoreggiamento, minacce e danneggiamento mediante incendio.

Expo 2015 e ndrangheta: cosa aveva svelato l'inchiesta

Nel mirino della magistratura i consigli comunali e i piani di governo del territorio della provincia milanese, in particolare quello di Rho, la cittadina che ha ospitato il cantiere di Expo 2015. Fra gli arrestati spiccava infatti il politico Luigi Addisi, un passato tra le file del centro destra, poi consigliere comunale Pd a Rho con il sindaco centro sinistra Pietro Romano. Era accusato di ricettazione e di aver intrattenuto rapporti con presunti affiliati grazie a cui avrebbe ottenuto vantaggi economici. Addisi è coniugato con Annunziata Corsaro, la nipote del boss Pantaleone Mancuso detto “l'ingegnere” di Limbadi (Vibo Valentia) condannato tre anni fa a 14 anni e sei mesi per estorsione aggravata dalle modalità mafiose. I suoceri di Addisi sono infatti Francesco Giuseppe Corsaro e Antonia Mancuso, sorella del boss. E non sorprende che quando nel milanese gli uomini dei clan parlavano di voti e di candidati prescelti il nome di Addisi figurasse puntualmente nelle intercettazioni. Tanto che ad aprile 2014 era stato costretto a dimettersi dal consiglio comunale di Rho, cittadina che ospitava i cantieri di Expo 2015, per una presunta compravendita: l'operazione è Metastasi e in carcere finiscono dieci persone.
«Tu me la dai una mano personale? Serve a me per una persona», gli domanda Ernesto Palermo, consigliere comunale lecchese, arrestato. «Va bene», risponde Addisi. Palermo: «Me la dai? Ci posso contare?». Addisi «Va bene, va bene». Palermo: «Ti dico pure chi è, la Mariolina Moioli». Addisi: «Va beh, non la posso vedere però va bene». La telefonata è dell'aprile 2011 e la Moioli, già assessore al Welfare della Giunta Moratti, correva per diventare consigliera comunale del centro destra con "Milano al Centro". Di recente il nome di Addisi compare anche nelle carte dell'operazione Grillo Parlante che a ottobre 2012 mette in manette, tra l'altri, l'ex assessore alla Casa di Regione Lombardia Domenico Zambetti, il sindaco di Sedriano Alfredo Celeste primo comune lombardo sciolto per mafia e presunti affiliati della cosca Di Grillo – Mancuso operante nell'hinterland milanese.

A parlare di Addisi al telefono sono il presunto boss della ‘ndrangheta Eugenio Costantino e il chirurgo Silvio Marco Scalambra accusato di corruzione con promessa. Entrambi arrestati e poi finiti sotto processo, sono rispettivamente padre e marito di due ex consigliere comunali Pdl della Giunta Celeste. In piena campagna elettorale per le amministrative di Rho, Costantino, intercettato dagli inquirenti, chiede a Scalambra se il nome di Addisi figuri fra la lista del candidato sindaco filoleghista Marco Tizzoni a cui, secondo l'accusa, il chirurgo avrebbe offerto un pacchetto di voti sporchi provenienti dalle cosche (prontamente rifiutato da Tizzoni).

Le condanne ad aprile 2016

A circa due anni di distanza dagli arresti erano arrivate anche le condanne per molti degli arrestati. L'ex consigliere comunale del Pd a Rho, Luigi Addisi, è stato condannato a 7 anni per reimpiego di denaro di provenienza illecita. Il giudice per l'udienza preliminare Giulio Fanales ha anche condannato a pene comprese tra i 2 anni e 5 mesi e 10 anni e 4 mesi gli altri imputati, in totale 14 processati con rito abbreviato: le pene più alte sono state inflitte Antonio Galati (10 anni e 4 mesi), Fortunato Galati (8 anni e 2 mesi), Antonio Denami (8 anni), Salvatore Muscatello (5 anni), Luigi Vellone (2 anni e 5 mesi), Alberto Pititto (4 anni e 8 mesi) e Franco Monzini (3 anni e 4 mesi). Assolto invece Francesco Barone.

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