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È morta Vita, la cagnolina beagle simbolo della lotta contro il “canile degli orrori” Green Hill

È morta Vita, la cagnolina beagle che era divenuta il simbolo della lotta contro il canile-lager di Green Hill a Montichiari, in provincia di Brescia. La foto del cane che passa di mano in mano tra il filo spinato della recinzione dell’allevamento ha fatto il giro del mondo. Pochi giorni dopo il blitz con cui gli animalisti liberarono Vita e altri cani, l’allevamento Green Hill venne chiuso per gravi irregolarità. Alcuni vertici della società sono stati condannati in via definitiva per il maltrattamento e l’uccisione di animali.
A cura di Francesco Loiacono
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Vita, la cagnolina di razza beagle liberata dall'allevamento Green Hill nel 2012
Vita, la cagnolina di razza beagle liberata dall'allevamento Green Hill nel 2012

Il suo nome, Vita, simboleggiava la nuova esistenza appena iniziata per lei e i suoi amici a quattro zampe fuori dal "canile degli orrori" di Green Hill a Montichiari nel Bresciano. Oggi però è arrivata una notizia triste per tutti gli amanti degli animali: Vita, il cane di razza beagle che il 28 aprile del 2012 era stato liberato dai recinti della Green Hill, è infatti morto. Si trattava di una cagnolina, deceduta a causa di una malattia dopo tanti anni trascorsi con la famiglia che l'aveva adottata. Vita è morta ieri, ma l'immagine del cucciolo di beagle che viene passato di mano in mano tra il filo spinato della recinzione dell'allevamento lager di Montichiari resterà per sempre impressa nella memoria di tutti, animalisti e non, come uno dei simboli della lotta contro la vivisezione.

La vicenda Green Hill

Pochi giorni dopo il blitz degli animalisti l'allevamento Green Hill, dove si trovavano cani da utilizzare per la sperimentazione farmaceutica e che già da tempo era nel mirino degli attivisti per i trattamenti che venivano riservati agli animali, venne posto sotto sequestro dall'allora Corpo forestale dello Stato. Da allora – era il luglio del 2012 – partì una lunga vicenda giudiziaria che ha visto coinvolti alcuni vertici della multinazionale. Nell'ottobre del 2017 è arrivata la sentenza della Cassazione che ha confermato le condanne a un anno e sei mesi per Ghislane Rondot (uno dei gestori) e il veterinario Renzo Graziosi, e la condanna a un anno per il direttore della struttura Roberto Bravi. I tre secondo i giudici hanno messo in atto l'eliminazione dei cani non perfettamente rispondenti ai requisiti richiesti dalle aziende farmaceutiche che li richiedevano per la sperimentazione: all'interno della struttura si sopprimevano con grande disinvoltura i cani invece che curarli.

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