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Devastazioni No Expo, la verità sulla foto della ragazza in posa accanto all’auto bruciata

Ivan Carozzi, l’autore dello scatto della ragazza in posa accanto a un’auto incendiata dopo gli scontri del primo maggio a Milano, ricostruisce sulla rivista Studio la “storia di una foto virale”. E racconta la sua amarezza per i commenti negativi piovuti sulla modella.
A cura di Francesco Loiacono
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Ha fatto il giro delle bacheche Facebook e degli account Twitter. È stata ripresa da quotidiani e telegiornali. La foto della ragazza che a Milano, subito dopo gli scontri e le devastazioni del primo maggio, si è messa in posa accanto alla carcassa di un'auto incendiata e capovolta, è diventata virale. Facendo "guadagnare" alla ragazza commenti che definire poco cortesi è un eufemismo. Adesso l'autore dello scatto, Ivan Carozzi, ricostruisce sulla rivista Studio la "storia di una foto virale". Un lungo e articolato racconto sulle sensazioni e le motivazioni che hanno spinto l'autore dapprima a unirsi, come cane sciolto, al corteo dei No Expo del primo maggio, poi a uscirne e tornarsene a casa. Salvo poi riuscire in strada una volta viste in tv le scene di devastazioni, fino all'incontro fatale:

In via Giacomo Leopardi una macchina era stata bruciata, rovesciata su un fianco e lasciata in mezzo alla strada. Mi sono avvicinato per scattare una foto. Lì ho visto un paio di ragazze che stavano fotografando un’amica, in posa di fronte all’automobile. Dovevano essere turiste. Avevano l’aria di venire dall’est. Probabilmente russe. Probabilmente capitate lì per caso. Ho pensato fossero quel tipo di ragazze, scese da un aereo, che si vedono in corso Vittorio Emanuele II, a fare shopping o a fotografarsi davanti alle vetrine di Prada e Ferragamo. Ma sembravano turiste anche in quel senso un po’ povero, giornalistico e peggiorativo del termine. Turiste dei riots, della città a ferro e fuoco.

Fino a quel momento avevo veduto la scena stando nei pressi del baule bruciato dell’auto. Poi ho girato intorno alla scena e l’ho guardata per intero. Ho visto la ragazza fotografata, che era bionda, molto bella e non sembrava più una turista, ma una giovane modella al lavoro, perfettamente innocente e donata allo sguardo. A quel punto le ho chiesto se poteva regalarmi una posa, così come aveva fatto per le amiche. Deve avermi detto Ok, o qualcosa del genere, con una docilità che mi ha stupito e colmato di gratitudine. Ho portato il display di fronte all’occhio, ho detto a mia volta Ok e in quel momento la ragazza ha aperto un leonardesco sorriso baltico e felino, con una mano nella realtà, nel mondo degli oggetti e delle cose pratiche, afferrata intorno al telefono, e l’altra nel regno dell’arte classica, della posa plastica, appoggiata morbidamente al rottame fumante dell’automobile. Le ho detto Grazie, anche per questo suo vivere tra due mondi, ed è sparita veloce. Come un gatto.

Un'immagine potente e ambigua

Carozzi spiega di essersi trovato con un’immagine "potente, forte, ambigua. Non solo moralmente ambigua, ma esteticamente, formalmente ambigua". Tanto da aver suscitato in tanti perplessità sulla sua veridicità. La foto, pubblicata dall'autore sulla sua pagina Facebook e sul suo blog sul Post, ha attirato com'era prevedibile gli sguardi di tanti, come se fosse un prodotto pornografico offerto a un pubblico di guardoni che non attendeva altro. Carozzi ha inizialmente provato piacere per il clamore suscitato dalla sua foto. Poi, però, qualcosa si è incrinato:

Quando poi questa ragazza, apparsa in via Giacomo Leopardi, è stata maltrattata nei commenti, deformata nel ciclo narrativo delle parodie e delle bufale, mi sono sentito precipitare da emulo involontario di Cattelan a una sorta di Andrea Dipré. Mio malgrado entrato nel regno della melma digitale. E non mi è piaciuto. Resta in mano questa foto, di una donna gatto, che trovo comunque ancora bella.

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