Degani: “Nelle Rsa situazione ancora complessa, mancano camici. Delibere? Serviva più attenzione”
Le residenze sanitarie assistenziali per anziani continuano ad essere uno dei luoghi in cui si concentrano i contagi, e purtroppo i decessi, dovuti al Coronavirus. Di oggi la notizia di ispezioni da parte dei carabinieri del Nas in alcune strutture in tutta Italia, e della scoperta di irregolarità in una struttura su quattro. In Lombardia, la regione più colpita dalla pandemia di Covid-19, sul tema della gestione delle Rsa e delle case di riposo sono aperte diverse inchieste da parte della magistratura. Ma sono roventi anche le polemiche politiche e le critiche contro la giunta leghista, anche per via di alcune delibere molto contestate tra cui quella dell'8 marzo che individuava la possibilità, per alcune Rsa dotate di determinate caratteristiche, di ospitare pazienti Covid a Bassa intensità. Fanpage.it ha intervistato Luca Degani, presidente di Uneba, (Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale), per chiedergli qual è la situazione attuale all'interno delle Rsa e chiarimenti su ciò che è successo negli ultimi due mesi.
Com'è oggi la situazione all'interno delle Rsa lombarde?
La situazione è ancora complessa. Bisognerebbe iniziare in tutta l'area territoriale lombarda il tamponamento di tutti gli ospiti presenti nelle strutture socio sanitarie, con l'obiettivo, espresso dall'Istituto superiore di sanità nella sua circolare del 17 aprile di capire, avendo il dato di tutte le situazioni presenti in struttura, se è possibile o meno garantirne l'isolamento e quindi anche la tutela delle persone in strutture e dei lavoratori. Da questo punto di vista il tamponamento completo non c'è stato ad oggi, e non è ancora stato completato – anche se c'è stata maggiore attenzione – il tamponamento completo di tutti gli operatori socio sanitari e non presso strutture per anziani e disabili. Soprattutto in vista della "Fase 2" avere la certezza dello status degli ospiti e degli operatori potrebbe permettere una maggiore garanzia di sicurezza pubblica.
Per quanto riguarda i dispositivi di protezione individuali ci sono ancora criticità?
C'è ancora una situazione problematica sui Dpi dal punto di vista della possibilità effettiva di approvvigionamento sui diversi territori. Non è più riferita alle mascherine chirurgiche, che al di là delle dinamiche di prezzo sono diventate un prodotto abbastanza recuperabile sul mercato, ma soprattutto su quelli che sono i camici monouso che nelle strutture socio-sanitarie, soprattutto non avendo la certezza dello stato di salute dell'ospite, sono un dispositivo di protezione necessario.
Quindi la nuova emergenza nelle Rsa sono i camici monouso?
Camici, cuffiette, quelli che sono i materiali monouso non riferiti alle mascherine. Bisogna ricordare che questa criticità è riferibile alla Protezione civile: non dipende quindi né da Regione Lombardia né da nessun'altra regione, ma dipende dallo Stato.
Cosa ci può dire invece per quanto riguarda la situazione degli ospiti all'interno delle strutture?
La situazione degli ospiti all'interno delle strutture non è mutata: abbiamo una presenza del Covid-19 piuttosto significativa. C'è una delibera della giunta regionale lombarda, la 3018 del 30 marzo, che parrebbe indicare oltre al requisito della fragilità, anche una specie di delta età, 75 anni, come discrimine per l'accesso alle strutture ospedaliere. Da questo punto di vista poteva probabilmente esserci una logica in quel momento (cioè il 30 marzo, ndr), quando la pressione sulle strutture ospedaliere era significativa. Ma probabilmente oggi che siamo alla fine di aprile e i dati dicono che i ricoveri ospedalieri e in terapie intensiva sono in calo potrebbe esserci una diversa impostazione anche delle politiche di ricovero delle persone covid positive, eventualmente anche in situazione di fragilità, nelle strutture ospedaliere.
Però la delibera della giunta regionale (Dgr) del 30 marzo è ancora in vigore.
La delibera 3018 non è stata revocata. Certamente è presente anche la circolare dell'Iss già citata del 17 aprile che dà indicazioni diverse rispetto alla gestione del Covid nelle strutture socio-sanitarie, che però presupporrebbe una più chiara effettuazione dei tamponi. Cioè, quando la circolare dell'Iss ipotizza il trasferimento, l'isolamento o l'uso di strutture ospedaliere per pazienti Covid positivi, parte dal presupposto che si sia verificata la positività, e non che ci sia solo sintomatologia. Quindi il presupposto è che il paziente sia stato oggetto di tampone. La dgr 3018 invece è una norma che rientra a pieno titolo nell'ordinamento lombardo che era pensata nella ratio di quel momento: ci sono alcuni elementi che se fossero attuati potrebbero meglio sposarsi con le indicazioni dell'Iss. Ad esempio una norma della delibera 3018 ipotizza l'attivazione della rete ospedaliera a favore delle persone covid positive ospiti delle Rsa, e quindi ipotizza la presenza nelle Rsa di personale medico specializzato, quali infettivologi e pneumologi, proveniente dalle aziende ospedaliere (Asst).
Questo era quello che chiedevate voi in una lettera alla Regione alcuni giorni fa: "Se non è possibile mandare i pazienti delle Rsa negli ospedali, mandiamo il personale medico specializzato degli ospedali nelle Rsa". Ma è stato fatto?
Questo è stato scritto nella delibera, ma non è ancora stato fino in fondo attuato, o almeno è attuato in maniera un po' differenziata nelle varie Ats lombarde. Io credo che proprio per la deflazione dei ricoveri ospedalieri e per la situazione migliore a livello di trasmissione del virus, si potrebbe in maggio scegliere prioritariamente il mondo delle Rsa come oggetto più specifico di attenzione, sia per i tamponi, sia per il trasporto ospedaliero (o la disponibilità di personale medico), sia per la distribuzione dei Dpi, specie quelli di più difficile reperimento.
Crede che le indicazioni sul trasferimento dei pazienti in ospedale contenute nella delibera regionale del 30 marzo, abbiano determinato qualche criticità per i pazienti?
Credo che la vera criticità sia la mancanza di tamponi. Perché non trasferire in ospedale un ospite che sia Covid positivo ma non in stato acuto, continuando la sua presa in carico da parte del personale medico sanitario di un Rsa, ci può stare. Ma credo che la chiarezza di poter distinguere, attraverso i tamponi, nei vari nuclei di una Rsa gli ospiti positivi da quelli negativi, sarebbe stata e possa ancora essere un elemento che determina la non trasmissione del virus. Più io ho capacità di isolamento, meno trasmetto il virus: questo è più legato ai tamponi che al mancato trasferimento ospedaliero. Il trasferimento ospedaliero ha valore assoluto per un paziente che sia nella fase acuta della sintomatologia e che sia trasportabile. Credo che al di là della Dgr in vigore, quando un paziente è in una fase acuta ed è trasportabile in un pronto soccorso una Rsa comunque richiede il ricovero ospedaliero, e in questo momento il ricovero è fattibile per i numeri che ci sono. Un medico di Rsa è sicuramente in grado di valutare il livello di fragilità del proprio ospite e la sua possibilità effettiva di essere trasportato in un pronto soccorso o meno. E questa fragilità non dipende dall'età, ma da una valutazione che resta propria della scelta medica individuale e della conoscenza del paziente. Quello che è importante è capire se in questo momento, diversamente dalla situazione al 30 marzo, ci sia possibilità effettiva di supporto: e credo ci sia.
Per quanto riguarda le altre delibere maggiormente criticate: in una del 23 aprile Regione Lombardia chiede di individuare Rsa esclusivamente dedicate a pazienti Covid.
Credo che non sia una decisione fattibile fino a quando non abbiamo la certezza della quantità: prima si tamponano le persone, si capisce il livello di infettività, si capisce quante persone possano uscire da una Rsa. Credo che oggi sia da fare tamponamento degli ospiti e supporto delle Rsa che stanno operando. Nella Fase 2 si può ragionare in maniera più ampia: quando avremo i pazienti tamponati e quando potremo vedere i percorsi di negativizzazione, allora potremo valutare se in alcuni casi in cui abbiamo strutture che non possono garantire la possibilità di suddividere tra ospiti Covid e non Covid, si possano trasferire i positivi non necessariamente in Rsa dedicate al Covid, ma magari in strutture ospedaliere che li possano accogliere per un limitato periodo. Lo ribadisco: l'età non è una variabile per la quale debba determinarsi una limitazione della tutela sanitaria.
Ultima domanda, andando a ritroso, è sulla delibera regionale più criticata sulle Rsa: quella dell'8 marzo che invitava le strutture che avessero alcune caratteristiche a prendere in carico pazienti Covid positivi a "bassa intensità". L'assessore al Welfare Giulio Gallera ha detto che rifarebbe tutte le scelte fatte. Lei cosa ne pensa?
Credo che il problema vero non sia stata la delibera 2906 dell'8 marzo, ma non aver fatto la 2907 o 2905. Ossia: era certamente da valutare un provvedimento organico a tutela degli ospiti delle Rsa. Non credo che sia stata la delibera dell'8 marzo il motivo di ciò che è accaduto nelle Rsa. Credo che ciò che è accaduto nelle Rsa sia stata una situazione che poteva essere oggetto di maggior attenzione fin dall'inizio. Altre delibere, o poteva anche essere un decreto ministeriale, avrebbero potuto dare indicazioni politiche, distribuendo prioritariamente i dispositivi di protezione alle Rsa, cosa che la Protezione civile non ha fatto. In secondo luogo probabilmente Regione Lombardia avrebbe potuto fare una valutazione delle risorse, anticipando a un periodo precedente alcuni elementi che sono stati opportunamente messi nella Dgr del 30 marzo. Nel momento in cui non si poteva trasferire le persone delle Rsa presso gli ospedali, allora si poteva decidere di dare supporti – protocolli clinici, infettivologi, igienistici e professionalità distaccate -, seppur in un momento di grande tensione, per tutelare gli ospiti delle strutture socio-sanitarie, che non sono strutture per acuti e in quel momento probabilmente se fossero state più supportate avrebbero fatto ancora meglio quello che hanno fatto al massimo delle loro potenzialità.
La Dgr 2906 non è stata il motivo scatenante di quello che è successo: è un segno, comune a quanto accaduto un po' in tutta Italia, che ci siamo accorti un po' tardi che questo era un virus che avrebbe colpito in maniera logaritmicamente più pesante la popolazione grande anziana con co-morbilità. Le Rsa hanno questa popolazione come oggetto precipuo di interesse: avremmo dovuto e potuto anticipare certi comportamenti, ma ad esempio probabilmente il primo comportamento che non è stato anticipato non riguardava Regione ma la Protezione civile: la distribuzione dei dispositivi di protezione. Io credo che bisogna sempre ricordare ciò che dice l'Iss, e cioè che la media dei decessi è 79 anni per gli uomini, oltre 80 per le donne, e sono legati anche a uno stato di co-morbilità. Che quel tipo di popolazione fosse nelle Rsa era un dato noto a tutti: sui circa 250mila ospiti delle Rsa in tutta Italia serviva un diverso livello di attenzione tanto dall'ordinamento statale attraverso la protezione civile, quanto di tutto gli ordinamenti regionali. Oggi dobbiamo fare tesoro di ciò che è accaduto e cambiare strategia.