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“Deciso e misurato”: Marco Calì è il nuovo capo della Squadra mobile di Milano

Prende il posto di Lorenzo Bucossi, che dopo tre anni lascia la Mobile milanese per un incarico a Washington. Nel curriculum recente di Calì ci sono omicidi risolti e il più grande sequestro di eroina degli ultimi vent’anni. A Milano ritrova il questore Sergio Bracco con cui aveva lavorato a Genova.
A cura di Salvatore Garzillo
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Marco Calì in una conferenza stampa nel 2007 alla questura di Padova
Marco Calì in una conferenza stampa nel 2007 alla questura di Padova

Arriva nella stanza accanto al suo ufficio da dirigente della Squadra mobile pochi minuti dopo i giornalisti. Si scusa per un ritardo che non ha fatto e porge la mano a tutti fissando ognuno negli occhi per pochi istanti. La stretta è decisa ma misurata. E forse è in questo la sintesi di Marco Calì, il nuovo capo della Mobile milanese, arrivato nei giorni scorsi dopo due anni e mezzo con lo stesso ruolo a Genova. Chi lo conosce da tempo, chi ci ha lavorato in una delle tante questure che ha frequentato, lo descrive proprio così: deciso e misurato. Napoletano, 50 anni, Calì ha preso il posto di Lorenzo Bucossi, da lui definito "un mito", che non ha lasciato solo Milano ma proprio l’Italia, accettando un incarico per la polizia a Washington.

“Seguirò il solco tracciato dal mio predecessore e dai bravi colleghi che sono rimasti qui – ha detto presentandosi informalmente ai cronisti – Una delle mie peculiarità è quella di ascoltare. Le istanze dei cittadini sono fondamentali per il nostro lavoro, mi impegnerò affinché oltre ai reati si abbassi la percezione dell’insicurezza”.

Lo stesso obiettivo del questore Sergio Bracco, che nel gennaio 2017 presentava Calì alla stampa genovese e che oggi lo ritrova in uno degli uffici più importanti d’Italia consapevole dei risultati raggiunti nel periodo di lavoro assieme in Liguria.

Gli omicidi risolti

Nel suo curriculum recente spiccano la risoluzione di due omicidi nella zona del Levante. Il primo è quello di Antonio Olivieri, l’artigiano 50enne ammazzato all’alba del 23 novembre 2017 a Sestri Levante dal 47enne Paolo Ginocchio, convivente della ex compagna della vittima, la 35enne brasiliana Gesonita Barbosa. L’uomo venne ucciso con un oggetto contundente dopo essere stato attirato in cantina. In meno di una settimana gli investigatori diretti da Calì scoprirono la mandante, l’esecutore materiale e il movente: l’eredità di Olivieri che avrebbe potuto saldare i debiti di gioco della Barbosa. Nell’aprile scorso sono stati condannati entrambi a 30 anni.

Il secondo omicidio è quello dell’ex pentito Orazio Pino, freddato il 23 aprile scorso con un colpo di pistola alla nuca in un parcheggio multipiano di Chiavari dove era solito parcheggiare l’auto. Il 26 giugno è stato arrestato Sergio Tiscornia, che avrebbe sparato anch’egli per motivi economici e sentimentali. "Tiscornia ha un movente personale contro Orazio Pino perché aveva aiutato economicamente la ex amante sudamericana e socia in affari della vittima", spiegarono gli investigatori di Calì. La donna  in questione era la titolare di un compro oro in via Veneto a Chiavari che aveva denunciato Pino per avere soldi per il mantenimento della figlia avuta da lui. Secondo gli inquirenti la sudamericana aveva parlato più volte al suo amante Tiscornia di quell’odio nei confronti dell’ex compagno, al punto da spingerlo a vendicarla.

Il sequestro record di eroina

Risultati importanti per Calì sono arrivati anche dal mare: nel novembre 2018 la sua squadra ha sequestrato 270 chili di eroina a bordo di una nave di passaggio a Genova, uno dei maggiori ritrovamenti di questa sostanza negli ultimi vent’anni. Droga dal valore di 10 milioni di euro che sarebbe certamente arrivata anche a Milano. 

L’operazione era iniziata il 17 ottobre con l’arrivo in porto della nave cargo "Arbataz", partita dal porto iraniano di Bandar Abbas per raggiungere prima la Turchia e poi i porti di Amburgo, Valencia e Genova. Qui aveva scaricato 31 container, 3 dei quali contenenti bentonite, un minerale argilloso in polvere. La documentazione era apparsa un po’ strana, gli investigatori hanno avuto dubbi sul reale destinatario della merce (una ditta con sede in Repubblica Ceca), così, assieme alla Direzione distrettuale antimafia e l’antiterrorismo di Genova, hanno preso una decisione: sequestrare una parte della droga e lasciare il resto al suo posto per poi monitorare il viaggio del container. In questo modo lo hanno seguito attraverso Svizzera, Francia, Belgio e Olanda, dove l’operazione si è conclusa con due arresti.

Grandi e piccoli casi

La lotta alla droga è una vecchia passione di Calì, nei suoi anni a Trieste (dove era arrivato nel 2015) si era occupato principalmente della lotta allo spaccio e all’immigrazione clandestina proveniente dai Balcani.
A Genova ha lasciato un altro segno con una vicenda molto delicata per la polizia. Indagini sugli agenti del reparto mobile di Bolzaneto che il 23 maggio scorso, durante una manifestazione, hanno manganellato il giornalista di Repubblica Stefano Origone causandogli la frattura di alcune dita. Un lavoro che ha portato all’ammissione di responsabilità da parte di due poliziotti. "Bisogna lavorare allo stesso modo sui grandi casi e sulle vicende più piccole, come le truffe agli anziani, che per le vittime rappresentano enormi traumi – ha detto Calì ai cronisti di Milano – Avrete tempo e modo per conoscermi e fare il punto del mio lavoro".

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