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Corvetto, accusò di aver abortito dopo manganellate della polizia: indagata per calunnia

Una romena 37enne, all’epoca incinta di sei mesi, lo scorso novembre denunciò di aver abortito a causa delle manganellate ricevute dalla polizia durante gli scontri seguiti allo sgombero di due centri sociali, a Milano. Dopo le indagini è indagata per calunnia con la sorella e a un’amica: avrebbero inventato tutto a tavolino.
A cura di Francesco Loiacono
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La magistratura farà il suo corso, e solo alla fine si conoscerà la verità, almeno processuale. Quello che è certo, comunque, è che un vero e proprio colpo di scena si è abbattuto sulla vicenda della donna romena di 37 anni, che lo scorso novembre aveva perso il suo bambino – era incinta di sei mesi – nel corso degli scontri tra antagonisti e forze dell'ordine, causati dallo sgombero di due centri sociali nel quartiere Corvetto, a Milano. Si era, nel capoluogo lombardo, nell'autunno caldo delle occupazioni e degli sgomberi, in piena emergenza abitativa. Tensioni palpabili che erano esplose più volte in occasione di interventi delle forze dell'ordine per liberare stabili o appartamenti occupati abusivamente. Quel 18 novembre era toccato al Corvetto, periferia sud di Milano, trasformarsi in un teatro di guerriglia urbana. Polizia e carabinieri stavano cercando di sgomberare due centri sociali del quartiere, il Corbaccio e il Rosa nera.

La donna avrebbe mentito

Negli scontri che erano seguiti era emersa la testimonianza della romena, ripresa anche in numerosi video, che aveva raccontato di essere stata colpita con tre manganellate dai poliziotti nel tentativo di proteggere una bambina. Due giorni dopo gli scontri la donna, abitante abusiva di una casa del quartiere e in condizioni disagiate, aveva abortito. Ne era nata subito un'inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Maurizio Stefanelli e affidata al pubblico ministero Gianluca Prisco. Proprio dall'inchiesta, a più di tre mesi dai fatti, è arrivato il colpo di scena, anticipato dal Corriere della sera: la romena 37enne avrebbe mentito, aiutata da due complici, la sorella e una loro amica, convinte a testimoniare il falso per avvalorare la ricostruzione dell'accaduto.

In tre indagate per calunnia

Le tre donne, adesso, sono state indagate per calunnia. A incastrarle, secondo la Procura, sono diversi elementi: innanzitutto l'autopsia sul feto, che aveva attestato che l'aborto era avvenuto per cause interne. Quindi, gli esami condotti sul corpo della 37enne da un anatomopatologo e da un ginecologo, che hanno escluso la presenza di colpi. Fin qui, gli esami medici: oltre a questi, si sono aggiunte anche risultanze dalle attività investigative, come l'analisi dei filmati degli scontri, che non mostravano la donna nei momenti più concitati, o la mancanza di testimonianze dirette da parte degli antagonisti che avevano preso parte ai tafferugli. Infine, a incastrare le tre donne sarebbero le intercettazioni telefoniche, nelle quali la 37enne avrebbe chiesto a più persone di testimoniare il falso per avvalorare la sua tesi. Una tesi che, adesso, vacilla parecchio.

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