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Coronavirus, la lunga notte all’ospedale Niguarda di Milano: “Difficile, ma dobbiamo essere ottimisti”

Medici e infermieri in tutta la Lombardia, la più martoriata dal Coronavirus, sono da settimane impegnati in prima linea nella lotta al Covid-19, tra turni che si allungano e carichi di pressione insostenibili. Fanpage.it ha incontrato alcuni degli infermieri in servizio all’ospedale Niguarda di Milano alla fine del loro turno di notte: “Anche per noi non è facile, è una situazione complicata. Però bisogna essere positivi perché fa parte del nostro mestiere esserlo”.
A cura di Francesco Loiacono
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La battaglia contro il Coronavirus in Lombardia va avanti da 24 giorni, e purtroppo è ancora lunga. Medici e infermieri in tutta la regione, la più martoriata dal virus, sono da settimane impegnati in prima linea nella lotta al Covid-19, tra turni che si allungano e carichi di pressione insostenibili. L'ospedale Niguarda, a Milano, non fa eccezione. Anche se il capoluogo lombardo registra ancora un numero contenuto di casi in relazione alla popolazione (sono 711 al 15 marzo), medici e infermieri del Niguarda sono comunque da giorni impegnati in prima linea. "Tutti i giorni ci sono delle novità, comprensibilmente. Però stiamo reggendo, a fatica ma reggiamo – spiega un'infermiera intercettata alla fine di un turno di notte dai giornalisti di Fanpage.it -. Fortunatamente il morale è ancora alto, anche se i turni sono massacranti". Lo conferma anche una sua collega: "Se prima il turno era di 8 ore, diciamo che adesso ci intratteniamo spesso un altro paio d'ore, anche per confrontarci tra di noi".

Gli infermieri: Anche per noi non è facile

Infermieri e medici sono stati spesso dipinti in questi giorni come degli eroi: la percentuale di chi si ammala è alta (attorno al 10 per cento del totale dei contagiati), eppure sono sempre in prima linea, a volte alle prese con decisioni difficili. "Anche per noi non è facile, è una situazione complicata – dice un'infermiera che lavora in un reparto allestito per i pazienti Covid-19 che non hanno bisogno di ventilazione assistita -. Però bisogna essere positivi perché fa parte del nostro mestiere esserlo. Ci scoraggia vedere soprattutto le persone anziane che hanno più bisogno del conforto dei famigliari. Forse è quella la cosa più brutta: vederli in quella situazione in cui non possono vedere i famigliari. Siamo un po' noi il loro punto di riferimento in questa situazione", spiega l'operatrice sanitaria. E un'altra sua collega sottolinea quello che è forse il dolore più grande che gli operatori sanitari si trovano a fronteggiare in questi giorni: "Dispiace che questa gente spesso possa morire da sola".

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