Coniugi uccisi a Brescia, spunta la pista dell’usura
Non convince l'ipotesi della concorrenza commerciale come movente per l'efferato omicidio dei coniugi Seramonti, uccisi a colpi di fucile nella loro pizzeria alla Mandolossa dal pakistano Muhammad Adnan e dell'indiano Sarbjit Singh. Sebbene sia stato lo stesso pakistano a fornire il movente agli investigatori, confessando di aver ucciso i due coniugi e gestori della pizzeria da "Da Frank", perché incassavano più soldi del suo locale "Dolce e salato", la ricostruzione non appare credibile. In attesa dell'interrogatorio cui verranno sottoposti oggi i due indagati, gli inquirenti battono diverse piste, cominciando da quella, spuntata da quale giorno, dell'usura. È stato lo stesso questore Carmine Esposito – come riporta la stampa locale – ad ammettere che le indagini degli inquirenti volgono in quel senso.
Il giallo degli 800mila euro
Gli inquirenti sono ora al lavoro per ricostruire l'assetto economico dell'attività della coppia, nel cui appartamento sono stati trovati 800mila euro blindati tra casseforti e altri nascondigli. Perché i coniugi tenevano in casa, in contanti, una somma così importante? Ai soldi nascosti nell'abitazione della coppia e in quella del figlio, che lavorava con loro nel locale, va aggiunto il denaro trovato su conti correnti bancari e in cassette di sicurezza in banca. La Guardia di Finanza sta ora vagliando non solo le entrate e le uscite della famiglia, ma anche le operazioni che hanno portato alla cessione del locale Dolce e salato, oggi gestito da Muhammad Adnan, dalle mani di Seramondi, precedente proprietario, a quelle di un suo dipendente pakistano e infine a quelle del suo assassino.
La confessione
Non c'è voluto molto per incastrare i due assassini. Sono stati i filmati dell'impianto di videosorveglianza del negozio a documentare tutta la vicenda, dall'arrivo in motorino dei due killer agli spari. I tabulati telefonici hanno fatto il resto, fornendo le prove del tentativo di occultamento dello scooter che i sicari volevano abbandonare, smembrato, nei cassonetti dei rifiuti. A suffragare le prove è arrivata poi la confessione dei due arrestati, Adnan e Singh, che ha permesso di ritrovare anche l'arma del delitto il fucile a canne mozze. Ma sul movente che ha spinto alla carneficina, per gli inquirenti il racconto resta "lacunoso e poco credibile". Maggiori elementi emergeranno forse dall'interrogatorio di stamattina. Nel frattempo è stato sentito dai magistrati anche Arben Corri ferito, scampato a un agguato del killer Muhammad Adnan lo scorso 1° luglio. Anche lui dipendente di Seramonti, l'uomo non non ha fornito, per ora, una movente plausibile per il tentato omicidio.