Caso Bozzoli, i parenti di Ghirardini non credono al suicidio
Giuseppe Ghirardini non può essersi suicidato, almeno non in quella maniera. È il pensiero dei parenti dell'operaio della fonderia Bozzoli di Marcheno, in provincia di Brescia, trovato morto a ottobre pochi giorni dopo la scomparsa del suo datore di lavoro, l'imprenditore Mario Bozzoli. Un doppio mistero che si è infittito quando la scorsa settimana nello stomaco del dipendente della Bozzoli srl, uno degli ultimi ad aver visto Mario in vita, è stata trovata una capsula di cianuro, causa della sua morte. La circostanza, resa nota dopo gli esami compiuti dai Ris di Parma sul cadavere dell'uomo, ha rilanciato negli inquirenti l'ipotesi che Ghirardini si sia suicidato, forse portando con sé, nella tomba, il segreto sul destino di Mario Bozzoli: Ghirardini era infatti anche l'addetto ai forni della fonderia, gli stessi dove gli inquirenti ritengono che il cadavere di Bozzoli sia stato occultato.
A Natale Ghirardini avrebbe riabbracciato il figlio
Ma l'ipotesi del suicidio è stata allontanata con forza dalle sorelle dell'operaio, che hanno affidato il loro pensiero a un amico di famiglia che ha poi a sua volta inviato una nota alla stampa: "Non crediamo al suicidio sapendo che Beppe era un uomo solare pieno di vita e non vedeva l'ora che arrivasse il Natale, visto che avrebbe riabbracciato il figlio dopo 5 anni". Bozzoli era infatti separato, e l'ex moglie e suo figlio vivevano in Brasile. Poco prima di far perdere le sue tracce l'uomo aveva provato a chiamare più volte l'ex moglie, che però non sarebbe riuscita a rispondere alle telefonate. A non convicere i parenti di Ghirardini è anche la modalità del suo decesso: "Se Beppe avesse voluto farla finita, da buon cacciatore, poteva provvedere in maniera diversa, senza soffrire inutilmente", è il loro pensiero. Dichiarazioni che contribuiscono ad alimentare il duplice mistero che va avanti ormai da più di un mese.