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Caso Bozzoli, i familiari di Beppe Ghirardini: “Ucciso con droga dello stupro e cianuro”

Beppe Ghirardini, operaio della fonderia Bozzoli di Marcheno trovato morto una settimana dopo la scomparsa dell’imprenditore Mario Bozzoli, non si sarebbe suicidato. È quanto sostengono i consulenti di parte della famiglia, che hanno presentato le loro osservazioni al pm: Ghirardini sarebbe stato stordito con la droga dello stupro e successivamente avvelenato con il cianuro.
A cura di Francesco Loiacono
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L'operaio trovato morto, Giuseppe Ghirardini (Facebook)
L'operaio trovato morto, Giuseppe Ghirardini (Facebook)

Intorno alla fonderia Bozzoli di Marcheno (Brescia) non aleggia solo il mistero della scomparsa di uno dei suoi due titolari, l'imprenditore Mario Bozzoli. Da circa un anno ci si interroga anche su cosa sia avvenuto realmente a uno degli operai dell'azienda, Beppe Ghirardini. L'uomo, di turno in fabbrica proprio il giorno della scomparsa dell'imprenditore, si è allontanato di casa il 14 ottobre dell'anno scorso ed è poi stato ritrovato cadavere quattro giorni dopo nei boschi vicino Ponte di Legno. Ghirardini sarebbe morto avvelenato da cianuro, sostanza contenuta in due vecchie esche da caccia che lui, in quanto cacciatore, poteva aver conservato. Ma l'ipotesi del suicidio, avanzata dagli inquirenti, non ha mai convinto i familiari dell'uomo.

Ecco allora che un'altra ipotesi è stata presentata dai consulenti di parte, dopo aver analizzato l'autopsia di Ghirardini. A parlarne al quotidiano "Il Giorno" è stato Roberto Stefana, amico di Ghirardini e portavoce delle quattro sorelle dell’operaio: "L’ipotesi è quella che Beppe sia stato narcotizzato con la cosiddetta droga dello stupro che toglie la volontà e fa compiere azioni a comando". Successivamente, qualcuno avrebbe dunque fatto ingerire il cianuro a Beppe, uccidendolo. Le ipotesi, avvalorate dalle osservazioni del consulente tossicologico, sono state consegnate al pubblico ministero che indaga sulla morte di Ghirardini.

Qualcuno avrebbe rubato il cellulare di Ghirardini

Ma la perizia tossicologica non è il solo elemento a supporto dell'ipotesi che Beppe "sia stato suicidato". Anche il percorso seguito dall'operaio, ricostruito attraverso le celle agganciate dal suo cellulare e alcune testimonianze, mostra qualche anomalia. L’auto di Beppe viene infatti avvistata alle 11.45 del 14 ottobre da un pastore nella zona di Ponte di Legno, dove verrà ritrovata. Alle 14.30 la sorella Ernestina lo chiama, il cellulare squilla ma Beppe non risponde. Non lo fa perché probabilmente era morto prima. C'è però un giallo: quando il cellulare squilla la chiamata aggancia la cella di Crocedomini, a 80 chilometri da Ponte di Legno. Secondo un esperto interpellato da Stefana e dai consulenti della famiglia Ghirardini una cella non può essere agganciata oltre un raggio di 40 chilometri. Questo significherebbe che quando il cellulare di Ghirardini squillava era in tasca a un altro uomo, che poi probabilmente lo ha buttato.

"Vogliamo la verità per mio fratello Beppe e per Mario Bozzoli", ha detto al "Giorno" Giacomina, una delle sorelle di Ghirardini, ribadendo che il fratello "non aveva nessun motivo" per suicidarsi. E ricordando anche un altro elemento, già emerso nel corso delle indagini: a Natale l'uomo avrebbe rivisto il figlio, in arrivo dal Brasile dove vive con l'ex moglie. Insomma: "il cuore e la logica" suggeriscono alle sorelle che il loro Beppe non si sia suicidato. Adesso però sarà la magistratura a dover cercare la verità.

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