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Cambio di strategia sui test sierologici e apertura ai privati: cosa succede in Lombardia

Regione Lombardia si prepara a un radicale cambio di rotta sui test sierologici. Con una delibera in via di definizione la giunta del governatore Attilio Fontana aprirà alla possibilità di effettuare gli esami presso laboratori e strutture private. Una giravolta rispetto alle ultime settimane, quando veniva ritenuto attendibile solo il test sviluppato da DiaSorin e Policlinico San Matteo di Pavia (un accordo su cui si attende il giudizio del Tar). Ancora all’inizio di maggio l’Ats di Milano invitava i sindaci a non svolgere in autonomia programmi di analisi “non coerenti con le indicazioni regionali”. Gli amministratori chiedono chiarimenti e c’è chi teme prezzi alle stelle.
A cura di Simone Gorla
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Regione Lombardia si prepara ad approvare una delibera che darà  di effettuare i test sierologici presso laboratori, cliniche e strutture private. Le regole per le analisi saranno definiti nel documento che la giunta del governatore Attilio Fontana firmerà nelle prossime ore.

Cambio di rotta: la Lombardia verso la liberalizzazione dei test sierologici

Le analisi non potranno sostituire i tamponi, che rimangono l'unico strumento diagnostico. Chi risulterà positivo al test dovrà comunicarlo a medico di base e Ats e restare in quarantena. Tra le novità della "fase due" sanitaria sono previsti anche i tamponi a domicilio effettuati direttamente dai medici della Usca, le Unità speciali di continuità assistenziali. L'obiettivo del via libera ai test privati è quello di allargare il più possibile lo studio epidemiologico sulla popolazione lombarda per censire chi ha gli anticorpi. Questo non significa che gli "immunizzati" potranno girare liberamente senza rispettare le norme di distanziamento, l'uso dei dispositivi di protezione e tutte le altre limitazioni. Dubbi e critiche sono stati sollevati dalle opposizioni. Il rischio, denuncia il consigliere regionale Massimo De Rosa, è che "i privati potranno effettuare i test senza un prezzo calmierato" mentre i cittadini dovranno "autodenunciarsi" finendo "in coda alla lista di chi attende un tampone con tempi di attesa lunghissimi".

L'accordo con DiaSorin e l'intevento del tribunale amministrativo

La vicenda che riguarda i test sierologici in Lombardia inizia il 23 marzo con una determina che definisce l'accordo tra la DiaSorin, multinazionale di Vercelli che si occupa di immunodiagnostica e diagnostica molecolareche, e la Fondazione Irccs Policlinico San Matteo di Pavia, per realizzare un test sierologico per la rilevazione di anticorpi che permetta di stabilire se un individuo sia stato o meno esposto al nuovo coronavirus.

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L'accordo prevede che, in cambio dell’aiuto dei laboratori di virologia, l’azienda riconosca all’ospedale 50mila euro e una royalty dell'1 per cento per ogni test venduto.

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Mentre viene sviluppato il test e in attesa che ottenga le necessarie certificazioni, nel mese di aprile alcuni sindaci lombardi iniziano ad avviare campagne di test sierologici a livello locale per mappare il contagio nei comuni. Esistono infatti già in commercio altri test già sviluppati e disponibili sul mercato. Anche altre regioni avviano sperimentazioni e protocolli. La Lombardia decide di attendere e spiega agli amministratori che le loro rilevazioni non saranno considerate valide dalle Ats e dalle autorità regionali. A metà aprile la Regione tramite la centrale acquisti Aria compra 500mila test DiaSorin-San Matteo (300mila nel mese di maggio e 200mila a giugno), per un valore di 2 milioni di euro. Negli stessi giorni esplode la polemica per il ruolo del professor Fausto Baldanti, virologo al Policlinico di Pavia, ma anche membro di comitati scientifici tra cui quello lombardo che ha definito le linee guida sui test. La polemica per il presunto conflitto di interessi spinge lo scienziato a dimettersi dalle task force per "tornare in laboratorio".

L'accusa di violazione delle concorrenza e l'intervento del Tar

Il 20 aprile viene aperta una gara sul sito di Regione Lombardia per l’affidamento della fornitura di kit per la rilevazione di anticorpi. Due giorni dopo iniziano i test a tappeto in diverse province. Ma un'azienda farmaceutica di Lodi avvia un'azione legale sull'accordo tra Regione e DiaSorin per una possibile violazione della concorrenza. Il Tar della Lombardia, il 23 aprile, si pronuncia spiegando che "l’accordo quadro stipulato tra la Fondazione e Diasorin non sembra esaurirsi in un puro accordo di collaborazione scientifica" ma presenta "precisi vantaggi economici e conseguente valore di mercato sottratto al confronto concorrenziale”. I giudici amministrativi non sospendono l'accordo, rinviando la decisione dopo ulteriori approfondimenti.  La Camera di Consiglio è fissata per il 13 maggio prossimo venturo.

La comunicazione di Ats e i dubbi dei sindaci

Ancora nei primi giorni di maggio le Ats tornano a ribadire ai sindaci che gli unici test validi sono quelli approvati da Regione Lombardia. Una comunicazione datata 1 maggio del direttore generale dell'Ats di Milano, Walter Bergamaschi, che Fanpage.it ha potuto visionare, precisa che "i test sierologici rapidi effettuati tramite prelievo capillare (cosiddetto pungidito) per la ricerca degli anticorpi IgG e/o IgM non risultano al momento validati dalle autorità competenti in materia". Inoltre "solo i laboratori individuati dall'unità di crisi regionale sono autorizzati ad effettuare analisi sierologiche con test validati".

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Di conseguenza, l'autorità sanitaria avverte che programmi "non coerenti con le indicazioni regionali" ricadono "sotto la responsabilità degli organizzatori". Allo stesso tempo, però, viene chiesto di mettere in quarantena per 14 giorni le persone risultate positive e i loro contatti.

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Alla luce di queste indicazioni e della successiva comunicazione che annunciava "imminenti ulteriori provvedimenti di Regione in merito al tema della sorveglianza e della ricerca della diffusione del contagio", il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, si è mosso in prima persona per chiedere chiarimenti sulla possibilità di effettuare i test.

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C'è chi si procura i test sottobanco

In questo contesto di confusione e incertezza, c'è anche chi riesce a procurarsi i test "per vie traverse". È il caso di una donna residente in provincia di Milano che da un mese è in casa, isolata e con tutti i sintomi del coronavirus. Le autorità sanitarie non le hanno fatto il tampone e quindi non aveva la certezza di essere positiva. "Sono riuscita a procurarmi i test sierologici, vengono dai kit per la medicina del lavoro che sono bloccati", ha raccontato a Fanpage.it chiedendo di rimanere anonima.

Studi su conducenti Atm e in Bicocca

Nell'attesa della delibera regionale, alcuni programmi sono già partiti in via sperimentale, tra cui quelli sui conducenti dei mezzi di superficie di Atm, annunciato dal sindaco di Milano con il professor Massimo Galli, virologo dell’ospedale Sacco e professore dell’università Statale. “Sarà un vero e proprio studio – ha spiegato lo scienziato – I positivi faranno sia tampone che, sempre su base volontaria, un prelievo venoso”. Anche l'Università Milano-Bicocca, insieme all'Irccs MultiMedica ha avviato un'indagine sierologica su base volontaria per valutare la prevalenza di anticorpi contro il SARS-CoV-2 tra i dipendenti dell'Ateneo.

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