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Brescia, evasione fiscale da mezzo miliardo: arrestato anche l’ex consigliere leghista Bizzaro

Ci sarebbe anche l’ex consigliere comunale di Brescia Alessandro Bizzaro tra i 22 arrestati nell’ambito della maxi evasione fiscale scoperta dalla guardia di finanza. L’ex esponente della Lega, ora passato a Fratelli d’Italia, sarebbe agli arresti domiciliari. L’associazione per delinquere scoperta dai finanzieri avrebbe messo a punto false operazioni per mezzo miliardo di euro.
A cura di Filippo M. Capra
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Ci sarebbe anche Alessandro Bizzaro tra le 22 persone arrestate dalla guardia di finanza di Brescia questa mattina, martedì 18 febbraio, nell'ambito dell'operazione "Evasione continua", la maxi evasione fiscale ammontante a mezzo miliardo di euro. L'imprenditore ed ex consigliere comunale bresciano, eletto dal 2008 al 2013 tra le fila della Lega, si troverebbe agli arresti domiciliari, in attesa che il giudice per le indagini preliminari ne convalidi il fermo. È indagato per frode fiscale per avere emesso alcune false fatture. Bizzaro si è candidato nuovamente alle elezioni amministrative del 2018 tra le fila di Fratelli d'Italia senza però venire eletto.

Bizzaro e altri quattro agli arresti domiciliari

Le indagini della guardia di finanza, realizzate in collaborazione con la procura di Brescia, hanno portato alla scoperta di una sorta di "fabbrica" dedicata all'evasione fiscale. Tale organizzazione avrebbe escogitato un modo per realizzare false operazioni per un totale di circa mezzo miliardo di euro e proventi totali di 80 milioni illeciti. Delle 22 persone arrestate, cinque sono finite ai domiciliari. Delle altre 17, 15 sono state portate in carcere mentre le restanti due si troverebbero all'estero in attesa di essere raggiunte dall'ordinanza di custodia cautelare. L'accusa principale mossa dalla guardia di finanza è di associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alla frode fiscale. In totale, però, sarebbero circa un centinaio le persone coinvolte nella rete e comprenderebbero imprenditori, avvocati e un monsignore di Matera. Quest'ultimo avrebbe cercato di aprire un conto allo Ior (Istituto per le opere di religione) dove versare gli 80 milioni guadagnati dall'organizzazione.

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