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Brescia, colonia di gatti uccisa dal mercurio: scatta il sequestro di un capannone della Caffaro

Decine di gatti morti sono stati trovati all’interno di un capannone della Caffaro, azienda chimica bresciana responsabile dell’inquinamento di migliaia di ettari di terreno e della falda. A uccidere i felini sarebbe stato il mercurio ancora presente nel capannone, che è stato sequestrato dalla procura. La Caffaro è un Sin (Sito di interesse nazionale) da bonificare dal 2003: nei terreni dello stabilimento e nelle immediate vicinanze si registrano valori di inquinamento del suolo fino a migliaia di volte al di sopra dei limiti di legge.
A cura di Francesco Loiacono
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Macabra scoperta in un capannone della Caffaro, azienda chimica di Brescia che dal 2003 è un Sito di interesse nazionale (Sin) da bonificare per via del massiccio inquinamento ambientale prodotto in quasi un secolo di attività. Lo scorso sabato, secondo quanto riportato dal "Corriere della sera", due funzionari dell'Arpa (Agenzia regionale per la protezione ambientale) di Brescia sono entrati nel capannone 24 dell'azienda trovandosi di fronte decine di gatti morti. A uccidere i felini sarebbero state le esalazioni tossiche di mercurio, metallo che era presente in maniera massiccia nel capannone. Il mercurio presente all'interno della struttura sarebbe il residuo dell'attività industriale che si svolgeva nel capannone 24, dove fino al 1997 il metallo velenoso veniva utilizzato come catalizzatore per la produzione autonoma di cloro. Oggi quel capannone non è più utilizzato, ma il mercurio ha continuato a far sentire i suoi effetti letali sulla colonia di felini che si era insediata nella struttura. Dopo l'ispezione dei tecnici dell'Arpa il capannone in questione è stato sequestrato dalla procura di Brescia.

La Caffaro, bomba ecologica da bonificare

I gatti morti sono un ulteriore segnale dell'urgenza delle operazioni di bonifica della Caffaro, accertata responsabile dell'inquinamento massiccio di ettari di falda anche al di là del perimetro dello stabilimento. La Caffaro ha infatti prodotto Pcb (policlorobifenili, composti organici molto tossici) dal 1938 al 1984, oltre a utilizzare mercurio e altre sostanze inquinanti nel ciclo produttivo fino alla fine degli anni Novanta. Stando a quanto riporta l'Arpa "l’inquinamento provocato dall’attività produttiva della Caffaro, oltre ad aver contaminato i terreni sottostanti lo stabilimento, si è diffuso nelle aree a sud dell’azienda mediante lo scarico delle acque industriali nelle rogge. Ma anche la movimentazione dei rifiuti e dei suoli contaminati ha contribuito a generare nel territorio Bresciano aree contaminate: quali ad esempio la discarica Vallosa di Passirano". Indagini ambientali avviate nel 2000 sull’area dello stabilimento chimico e nelle vicinanze hanno fatto emergere una situazione devastante a livello ambientale, con valori di inquinamento del suolo fino a migliaia di volte al di sopra dei limiti di legge. Le sostante inquinanti presenti nel sito – oltre a Pcb e mercurio anche  policlorobenzodiossine e dibenzofurani (PCDD/F), arsenico e solventi – sono arrivate fino a 40 metri sottoterra, inquinando anche la falda acquifera.

L'area della Caffaro a Brescia (dal sito Arpa)
L'area della Caffaro a Brescia (dal sito Arpa)
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