Uno striscione. Un lenzuolo. Niente di che. Esposto a Brembate in attesa che il solito Matteo Salvini arrivasse per il suo solito comizio elettorale dimenticando di avere un ufficio e un lavoro da svolgere profumatamente pagato. Non poteva fare del male nessuno, quello striscione, esposto come si espongono i panni al sole, avrebbe potuto essere un lenzuolo appena uscito dalla lavatrice, ma la scritta "Salvini non sei il benvenuto" deve avere fatto talmente irrigidire i solerti funzionari di Stato (le colpe si rimpallano tra la Prefettura e "un ordine partito da molto in alto" come dice qualcuno) che abbiamo dovuto assistere alla scena dei vigili del fuoco (che non l'hanno presa benissimo secondo le parole indignate del loro sindacato) che con scala e tutto l'armamentario tolgono lo striscione come se ci fosse un grave pericolo per l'ordine pubblico. Qualcuno vorrebbe convincerci che sia un episodio piccolo, qualcosa che meriterebbe al massimo qualche riga sui giornali locali, e invece la visione di quello striscione rimosso all'interno di una proprietà privata dimostra come si stia pericolosamente abbassando l'asticella della sopportazione della dissidenza in uno stato che democraticamente, da sempre, dibatte, s'accapiglia, e civilmente contesta.
Lui, Salvini, gode ovviamente per questa disinfestazione del luoghi che si ritrova a frequentare (praticamente tutta la Penisola essendo in campagna elettorale permanente) ma sono molti i cittadini che si interrogano su una sospetta solerzia delle forze dell'ordine che non hanno nessun indugio nel rimuovere i segnali dissidenti e allo stesso modo, nello stesso Paese, continuano a sopportare decine di braccia alzate a mo' di saluto fascista, magliette o divise inneggianti a Mussolini, ragazzetti schiaffeggiati sotto gli occhi delle forze dell'ordine durante un comizio non autorizzato del pluri pregiudicato Roberto Fiore di Forza Nuova e molto altro.
Una questione di libertà
Esiste più di un legittimo sospetto che le forze dell'ordine ultimamente funzionino a corrente alternata: prontissime, quasi prone, a difendere l'onorabilità del ministro e colpevolmente distratte quando si tratta di sopportare un fascismo di ritorno (nei toni e nei modi) che invece si propaga un po' dappertutto. Non è questione di politica, no, è una questione di libertà. Di libertà che si vede arrugginire nelle piccole cose, nei piccoli gesti, come quello striscione appeso lì a Brembate. E allora viene da chiedersi cosa succederebbe, cosa sarebbe successo, se su quello striscione ci fossero state le stesse croci celtiche o i simboli nazisti che sempre più spesso si vedono nei raduni (ufficialmente non autorizzati ma evidentemente tollerati) in giro per l'Italia. Uno Stato di Polizia è un pessimo Stato. Ed è un avvertimento da non prendere alla leggera.