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Bergamo, i familiari delle vittime del Covid: “Non si possono spegnere i riflettori su 33mila morti”

È un giorno importante per i familiari delle vittime del Covid che hanno dato vita nei mesi scorsi al comitato “Noi denunceremo” e che hanno presentato mercoledì mattina in procura a Bergamo le prime 50 denunce per chiedere verità su quanto accaduto ai propri cari. “Vogliamo capire quello che è successo e perché è successo – spiega Stefano Fusco, fondatore insieme a suo padre Luca del gruppo nato su Facebook – ci aspettiamo che questa cosa non venga insabbiata o dimenticata perché non si possono spegnere i riflettori su 33mila morti”.
A cura di Chiara Ammendola
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"Oggi siamo qua per dare le nostre storie in mano ha chi ha le competenze per poter giudicare se c'è qualcosa che non torna: vogliamo capire quello che è successo e perché è successo, ci aspettiamo che questa cosa non venga insabbiata o dimenticata perché non si possono spegnere i riflettori su 33mila morti", così Stefano Fusco, fondatore insieme a suo padre Luca del gruppo Facebook "Noi Denunceremo" che riunisce i familiari delle vittime del Covid-19 spiega i motivi della loro presenza all'esterno della Procura a Bergamo.

È un filo conduttore che lega tutte queste storie alla mancata chiusura dell'ospedale di Alzano

Questa mattina sono state infatti consegnate ufficialmente le prime 50 denunce da parte di madri, figli, mogli e nipoti che chiedono venga fatta luce su quanto accaduto ai propri cari. "Siamo stanchi di non avere risposte e sentire rimpallo di responsabilità – continua Stefano – però lo dobbiamo ai nostri morti, nonni, papà, mariti. Non ci fermeremo finché non avremo le risposte che cerchiamo". Sono storie di perdita e di lutto spesso inspiegabili e inconsolabili tutte accomunate dalla necessità di avere delle risposte, di sapere se e cosa sia andato storto durante l'emergenza Coronavirus in Lombardia. "Ho consegnato una chiavetta su cui ho messo le denunce esposte di tutte le persone che sono qua e che chiedono l'intervento dell'autorità giudiziaria per quanto stanno denunciando – spiega Consuelo Locati, avvocato del comitato – in tante denunce si parla della zona rossa, è un filo conduttore, perché i fatti che hanno portato al decesso di tante persone partono tutti ad origine dalla mancata chiusura dell'ospedale di Alzano. Ci sono medici che hanno detto di aver recuperato a loro spese i camici e chiesto donazioni per comprarli".

Mio marito è stato ricoverato in ospedale ed è tornato a casa in un'urna dopo un mese

"Sono qua per far sentire la voce dinanzi all'indifferenza che c'è stata – spiega una donna che abbraccia la foto del marito deceduto a causa del Covid-19 – io mi sono sentita abbandonata dalle istituzioni quando avevo mio marito a letto che stava morendo: dopo cinque giorni a casa in uno stato pietoso è stato ricoverato in ospedale ed è ritornato un mese dopo in un'urna". Un racconto interrotto dall'emozione nel ricordare forse per l'ennesima volta i momenti in cui ha realizzato di aver perso per sempre il marito: "Non ci sono parole. Solo chi prova uno strazio del genere può capire cosa si sente", conclude la donna. "Vogliamo giustizia, vogliamo spere cosa è successo. Mio papà è deceduto all'ospedale di Sondalo – racconta un altro familiare che ha presentato la propria denuncia in Procura a Bergamo – il venerdì sera l'ho sentito bene al telefono, e il sabato mattina invece non ha risposto, il telefono ha squillato a vuoto per ore: non mi sento tutelata da questo governo. Chiediamo giustizia e verità e che chi ha sbagliato deve pagare".

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