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Droga, soldi, telefoni criptati e un latitante. Blitz nel box dell’ultras dell’Inter

Pacchi di marijuana per 40 chili. È il tesoretto custodito nel box dell’ultras dell’Inter Mauro Zucchi, arrestato per spaccio a Segrate assieme ad altre tre persone. Tra loro c’è anche un latitante albanese che deve scontare oltre 10 anni per traffico internazionale di droga. Avevano cellulari criptati di ultima generazione che consentono di cancellare il contenuto a distanza.
A cura di Salvatore Garzillo
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La droga sequestrata
La droga sequestrata

“Questo cellulare è gestito dall’organizzazione”. Sui display dei cellulari degli spacciatori è apparso questo messaggio quando i poliziotti hanno tentato di guardare il contenuto. Qualcuno da “remoto”, lontano chissà quanto, ha cancellato con un solo comando tutto il contenuto del telefono criptato. Addio a messaggi, telefonate, foto. Addio all’analisi sui flussi e sugli spostamenti. Addio polizia. Gli investigatori del commissariato Lambrate hanno potuto solo incassare il colpo, comunque soddisfatti del sequestro (39 chili di marijuana e 97mila euro in contanti) e degli arresti.
In quattro sono stati arrestati per detenzione ai fini di spaccio, tra loro c’è anche Mauro Zucchi, 49enne di Segrate, con precedenti per lesioni e maltrattamenti in famiglia. Prima di essere arrestato nuovamente godeva dei domiciliari con un permesso particolare che gli consentiva di andare a lavoro nel suo centro scommesse. “Zucchi è un ultras dell’Inter e questo non è un elemento da poco perché la settimana scorsa abbiamo arrestato un altro esponente della tifoseria nerazzurra sempre per spaccio”, ha spiegato il dirigente del commissariato Lambrate, Nunzio Trabace. Il poliziotto fa riferimento alla cattura del 35enne Claudio Apostoli, tra i punti di riferimento della curva Nord e già destinatario di un Daspo per gli incidenti di Inter-Roma del 2017, che è stato arrestato pochi giorni prima con circa 50 chili di droga tra hashish e marijuana. Il suo appartamento-deposito era a Bonate Sopra (Bergamo) a casa di un insospettabile disabile che gli aveva affittato al stanza convinto che fosse una brava persona.

Il compratore e il latitante albanese

Nel caso di Zucchi la droga era stipata nel suo box di casa a Segrate, dove gli investigatori hanno fatto irruzione mentre era in corso una vendita. Con lui, infatti, c’erano il 30enne Pierluigi Reynaldo Sanchez Roldan e l’albanese di 51 anni Ilir Durbaku, latitante dal primo dicembre 2015, ovvero da quando è diventata definitiva la condanna a 10 anni e 8 mesi per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga. Una storia del 2001-2002. Il suo ruolo nella vicenda di Zucchi è ancora da chiarire esattamente.

L’italiano, invece, aveva con sé uno zaino contenente 68mila euro e nella sua abitazione di Calcinate aveva un pacco di marijuana sottovuoto da un chilo e 120 identico a quelli trovati nel box dell’ultras. Questi due elementi consentono agli investigatori di dire che era lì per comprare droga. “Dal produttore ogni pacco da un chilo e 120 costava 100 euro – spiega ancora Trabace – al dettaglio avrebbe fruttato 10mila euro”.
Fuori, a fare il palo in auto, c’era Alan Imeli, un italiano di 30 anni con uno spessore criminale molto più basso. Lo dimostra il fatto che era l’unico del gruppo a non avere con sé il cellulare criptato che consente la formattazione a distanza.

I telefoni impenetrabili

Sono smartphone prodotti da un’azienda spagnola che negli ultimi anni ha avuto un’esplosione commerciale fenomenale perché è diventata il marchio di garanzia di tutti i narcotrafficanti. Prima usavano il Blackberry con la tecnologia Pgp e poi Pgp2, un sistema di peer-to-peer che non consentiva di essere intercettati. Poi la Blackberry ha rivisto la sua posizione sulla criptazione ed è stata superata prima dalla società olandese “Encrophone” (che installava sui cellulari olandesi un’applicazione di schermatura) e successivamente dagli spagnoli che hanno iniziato a produrre dispositivi che attraverso una combinazione di tasti (tipo volume + home + spegnimento) aprono una nuova schermata e un nuovo sistema operativo completamente parallelo, a cui si può accedere con user e password.

Solo gli utenti selezionati da un altro già presente in un gruppo può chattare o telefonare e ogni volta che si esce dall’applicazione si cancella tutto. Ma proprio tutto. Per di più tutte le volte viene cambiato l’Imei del cellulare, cioè il codice che identifica univocamente un cellulare. E se tutto ciò non bastasse, l’utente collegato dall’altro lato può decidere di cancellare in qualunque momento il contenuto del telefono a distanza. Questo significa che anche facendo una copia forense del cellulare non si trova nulla.
Al momento è il sistema più sicuro in assoluto, neppure i servizi israeliani sarebbero riusciti ad accedere ai dati cancellati. Qualche tempo fa costavano circa 2mila euro, ora sembra che siano scesi a 6-700 euro.
Durbaku, che è ritenuto l'uomo d'esperienza del gruppo arrestato, ne aveva due diversi e su ognuno, al momento giusto, è comparsa la stessa scritta: “Questo cellulare è gestito dall’organizzazione”.

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