Bergamo, Ats valuta eventuali danni arrecati dai medici di base. La replica: “Forse è il contrario”

Sullo sfondo di un'emergenza sanitaria ancora in corso, e che tra pochi giorni passerà in una fase delicata, la cosiddetta "Fase 2", in provincia di Bergamo si consuma un altro capitolo di un'aspra polemica tra l'Agenzia per la tutela della salute (Ats) e i medici di base. Questi ultimi, che hanno pagato con un tributo altissimo anche in termini di vite umane il proprio impegno in prima linea contro il coronavirus, nel corso degli ultimi due mesi hanno più volte denunciato di essere stati lasciati soli dalle istituzioni, soprattutto sul fronte dei Dpi (i dispositivi di protezione individuali, tra cui le mascherine), le cui forniture sarebbero state carenti. Adesso però pare che l'Ats voglia correre ai ripari e tutelarsi anche sul fronte legale, magari in vista di un'ipotetica (al momento) battaglia giudiziaria.
La consulenza affidata dall'Ats
Come riporta il "Corriere della sera" nell'edizione bergamasca, infatti, il direttore sanitario dell'Ats di Bergamo Massimo Giupponi con una delibera ha incaricato un legale, l'avvocato Angelo Capelli, di rispondere a cinque questioni inerenti la gestione dell'emergenza sanitaria nella Bergamasca. L'obiettivo è valutare se ci siano stati errori, e chi li abbia commessi, a partire dalla stessa Ats ma anche con riferimento proprio ai medici di base e ad altri aspetti come quanto accaduto all'interno delle Rsa (le Residenze sanitarie assistenziali per anziani) o nell'ospedale di Alzano, su cui già indaga la procura.
La notizia ha creato sconcerto tra i medici di base. I due sindacati Fimmg (Federazione italiana dei medici di medicina generale) e Snami (Sindacato nazionale autonomo medici italiani) hanno diramato un duro comunicato, sottolineando in primis il costo di questa consulenza: "Costerà ai cittadini lombardi 15.758
euro… di certo avremmo preferito che questa cifra venisse spesa per dei servizi a favore degli stessi contribuenti, come consulenze scientifiche onde evitare errori nella programmazione della fase 2 o, più semplicemente, qualche tampone in più!", hanno scritto i dottori Mirko Tassinari della Fimmg e Marco Agazzi della Snami.
I medici: Certi di non aver arrecato danni all'Ats, ma non siamo sicuri del contrario
Il comunicato prosegue ricordando le conseguenze patite dalla categoria: "Se si desiderava sapere ‘il ruolo dei medici di base anche qui con un occhio sui dpi' bastava chiederlo ad ognuno dei 700 medici di famiglia della nostra provincia: 150 di noi si sono ammalati di coronavirus e purtroppo 6 di noi sono morti, morti per aver fatto il loro lavoro, senza tirarsi indietro, nella miseria di dispositivi di protezione individuale ricevuti, spesso troppo tardi. Li avremmo acquistati volentieri anche da soli, se non ci fosse stato impedito perché sequestrati". Il comunicato si chiude con un duro contrattacco della categoria: "Noi non siamo avvocati, ma semplici medici di famiglia e quindi non siamo in grado di valutare le responsabilità civili, amministrative ed anche penali; siamo comunque certi di non aver arrecato alcun danno all’Agenzia di Tutela della Salute, ma non siamo così altrettanto sicuri del contrario".