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Beppe Sala condannato per falso: reato in prescrizione, ma il sindaco può rinunciare

Scatta la prescrizione per il reato di falso contestato al sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che a luglio è stato condannato in primo grado a sei mesi. Ora il primo cittadino milanese può decidere di rinunciare alla prescrizione e farsi processare. Probabilmente solo alla prima udienza del processo di appello, che non è stata ancora fissata, si saprà qual è la decisione dell’ex commissario unico di Expo.
A cura di Simone Gorla
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Va in prescrizione il reato di falso contestato al sindaco di Milano, Giuseppe Sala, condannato in primo grado a sei mesi (convertiti in una pena pecuniaria di 45mila euro). Il primo cittadino milanese potrebbe ora decidere di rinunciare alla prescrizione. Non è ancora stata fissata la data per l'inizio del processo di appello. Probabilmente solo alla prima udienza si saprà se l'ex commissario unico di Expo deciderà di rinunciare o meno.

Inchiesta Expo, Sala condannato per falso materiale e ideologico

Sala è stato condannato in primo grado per falso materiale e ideologico. Nel maggio del 2012, secondo la Procura generale di Milano, in qualità di amministratore di Expo avrebbe retrodatato due verbali relativi alla commissione di gara per il maxi appalto della Piastra dei servizi per l'Esposizione Universale del 2015. I giudici, nella motivazioni della sentenza, hanno riconosciuto a Sala l'attenuante dell'aver "agito per motivi di particolare valore morale o sociale", pur sottolineando che il manager avrebbe agito "consapevole delle illecite retrodatazioni" con lo scopo deliberato "di evitare che la questione della paventata incompatibilità" di due membri della commissione di gara per la Piastra potesse comportare il "rischio di ulteriori ritardi nell'espletamento della procedura". L'atto illecito di Sala avrebbe avuto quindi come obiettivo quello di garantire l'apertura in tempo dell'evento.

In attesa dell'avvio del processo di appello, il sostituto procuratore generale Massimo Gaballo ai primi di novembre ha impugnato la sentenza di primo grado proprio in merito alla concessione dell'attenuante dell'aver agito per motivi di "particolare valore morale o sociale".

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