Attentato a San Donato, l’autista Ousseynou Sy: “Sentivo le voci dei bambini morti in mare”
Si è concluso l'interrogatorio di convalida dell'arresto di Ousseynou Sy, l'autista di 47 anni che mercoledì mattina ha dirottato e poi dato fuoco a un bus pieno di studenti a San Donato Milanese, vicino Milano. Secondo quanto ha dichiarato il legale dell'uomo, Davide Lacchini, Sy voleva fare un gesto eclatante, "un'azione dimostrativa" che avesse "un massimo impatto internazionale". Confermato dunque quanto riferito dall'avvocato già subito dopo l'arresto dell'autista e cioè che Sy non voleva fare del male ai bambini: "Volevo andare a Linate, prendere un aereo per tornare in Africa e usare i bambini come scudo", avrebbe detto l'uomo, ma il suo legale ha precisato che l'intento di Sy era quello di andare a Linate da solo. Sy avrebbe anche fornito giustificazioni sulla presenza del coltello a bordo – "Sono quelli che alcuni autisti portano con sé, altri portano mazze e bastoni" – e ha detto di non aver incendiato il bus perché l'accendino che aveva con sé era scarico. Versioni che contrastano con l'ipotesi della procura secondo cui Sy voleva fare una strage.
L'autista avrebbe manifestato segnali di squilibrio
Durante l'interrogatorio sarebbero emersi anche "segnali di squilibrio" da parte del 47enne, per il quale l'avvocato ha già chiesto una perizia psichiatrica. In particolare, secondo fonti dell'anti terrorismo (poi confermate anche dal legale dell'autista) Sy avrebbe detto che sentiva "le voci dei bambini morti in mare" che gli chiedevano di fare "qualcosa di eclatante" per loro, senza però fare del male ai 51 bimbi sequestrati sul bus. "Ha evocato circostanze non fattuali e si è espresso in termini tali da far ritenere ai presenti che ci sia un possibile squilibrio psichico conclamato", ha spiegato l'avvocato. Confermato anche il movente del dirottamento del bus fornito dal conducente: "Nessuno dall'Africa deve venire in Europa", avrebbe detto l'uomo che ha poi però lodato le politiche italiane in tema di immigrazione perché l'Italia è l'unica "che ci mette dei soldi". Non è ancora stata comunicata la decisione presa dal giudice per le indagini preliminari Tommaso Perna in merito alla convalida dell'arresto e ad eventuali misure cautelari. Secondo la procura, che ha indagato Sy con le accuse di sequestro di persona, incendio, resistenza e strage con l’aggravante del terrorismo, il 47enne deve rimanere in carcere perché c'è il serio rischio che possa colpire ancora e compiere azioni simili, quindi tentare un'altra strage.