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Ancora guai per Formigoni: chiesto il pignoramento di una casa e il sequestro di un altro immobile

Chiesto il pignoramento e il sequestro cautelativo per due case di proprietà di Roberto Formigoni: una a Lecco e una nel centro di Sanremo. L’ex governatore della Lombardia, condannato a cinque anni e dieci mesi per il caso Maugeri, deve pagare cinque milioni di euro alla Regione Lombardia come danno erariale. L’ex Celeste si è visto bloccare anche tre conti correnti.
A cura di Filippo M. Capra
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Per Roberto Formigoni i guai non finiscono mai. Per l'ex governatore della Lombardia, condannato in via definitiva a cinque anni e dieci mesi di reclusione per il caso Maugeri, è stato chiesto il pignoramento della casa di via Carlo Cattaneo a Lecco. Formigoni, insieme agli altri condannati Umberto Maugeri, Costantino Passerino, Pierangelo Daccò e Antonio Simone, ex assessore regionale, è stato condannato a risarcire l'erario, a favore della Regione Lombardia, per un totale di circa 47 milioni di euro, a fronte della richiesta iniziale del procuratore generale della Corte dei Conti lombarda di 60 milioni.

Case sequestrate e conti correnti bloccati

L'inchiesta Maugeri è stata considerata "di significativo rilievo anche sotto il profilo del danno erariale" per i giudici contabili che hanno accolto la richiesta della procura. Per questo Formigoni dovrà versare cinque dei 47 milioni contestati, in parte sanati proprio con il pignoramento dell'abitazione, che avrebbe valore catastale di circa due milioni. Ma non è finita qua: l'ex governatore lombardo avrebbe successivamente ricevuto una seconda lettera dalla Regione dove gli viene notificato il sequestro cautelativo di un altro immobile nel centro storico di Sanremo, oltre al blocco di tre conti correnti.

La sentenza della Corte di Cassazione

Roberto Formigoni è stato condannato in via definitiva dopo tre gradi di giudizio a scontare cinque anni e dieci mesi (erano sette e mezzo in Appello) di carcere per "avere messo a disposizione, assieme ad altri imputati, la sua funzione per una corruzione sistematica nella quale tutta la filiera di comando della Regione è stata piegata per favorire gli enti suoi amici che poi lo pagavano", come spiegato dai pubblici ministeri Antonio Pastore e Laura Pedio.

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