1.517 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito
Opinioni

Abbiamo fatto colazione da Starbucks a Milano: cappuccino e brioche a 7 euro e 30

Nel primo giorno di apertura al pubblico di Starbucks a Milano, siamo andati a fare colazione nel primo locale italiano della catena di caffetterie made in Usa. Dopo un’ora di coda all’esterno siamo riusciti a ordinare un caffè, un cappuccino e due brioche. Una classica colazione all’italiana, tranne che per il prezzo. Il racconto.
A cura di Francesco Loiacono
1.517 CONDIVISIONI
Il menù e gli scontrini da Starbucks Milano (Fanpage.it)
Il menù e gli scontrini da Starbucks Milano (Fanpage.it)

L'attesa è finita. Anche in Italia ha aperto la prima caffetteria a marchio Starbucks e lo ha fatto a Milano, in grande stile. La Starbucks reserve roastery, già dal nome, fa capire che degli iconici locali con la sirena stilizzata, in realtà, nel nostro Paese c'è ben poco. Lo diciamo subito: non ci sono le classiche tazze di cartone (sono più eleganti) e non c'è il Frappuccino, mentre c'è un'attenzione estrema per le miscele di caffè. Probabilmente un atto di umiltà del presidente di Starbucks, Howard Schultz, che ha sempre affermato di aver tratto ispirazione per la sua creatura dalla nostra Penisola, dove sul caffè non si scherza, e che sognava probabilmente di aprire uno Starbucks in Italia dal 1983, data del suo viaggio rivelatore a Milano e Verona.

Nella prima giornata di apertura al pubblico del locale in piazza Cordusio (ce ne sono altri due uguali in tutto il mondo), siamo andati a provare "l'esperienza" di bere un caffè da Starbucks. Chiariamo subito: nei primi giorni, complice l'effetto novità, sarà difficile potersi concedere un caffè al volo, come quello al bar sotto casa o vicino al luogo di lavoro. Noi abbiamo aspettato un'ora in coda fuori e un'altra ventina di minuti per essere serviti all'interno. D'altronde, probabilmente chi viene da Starbucks, una sorta di "third home" per gli americani, lo fa per trascorrervi del tempo all'interno, seduto a un tavolino col proprio computer, come visto in diversi film a stelle e strisce. Il locale è immenso e piuttosto caotico: si tratta di una vera e propria torrefazione, con un grosso macchinario che tosta il caffè al centro dell'open space da 2.300 metri quadri e vari "corner" dedicati al bar vero e proprio, al reparto dolci e salati (con la partnership di Princi), all'angolo cocktail (che domina dall'alto il locale). Nel mezzo, anche stand per il merchandise: magliette, orologi, occhiali e anche, naturalmente, tazze brandizzate. Un po' ovunque (e anche all'esterno, al posto dell'edicola sociale di don Gino Rigoldi), tavolini, sedie, poltrone e divanetti.

Dopo aver chiesto informazioni a uno dei disponibilissimi e sorridenti dipendenti (sono 300 i posti di lavoro creati dall'apertura della caffetteria) riusciamo finalmente a orientarci e ci dirigiamo verso il main bar, il cuore del locale. Sfogliamo il menù, anch'esso piuttosto confuso per via della ricchezza dell'offerta (ci sono svariate tipologie di caffè, che variano per le miscele, per la modalità di preparazione e per gli altri ingredienti che vi vengono aggiunti) e ordiniamo quella che potremmo definire una colazione standard all'italiana: caffè, cappuccino e due brioche (una vuota e una alle mandorle). Il prezzo? 11 euro e 30 centesimi (il caffè espresso costa 1,80 euro, il cappuccino piccolo 4,5 e le due brioche 2,20 e 2,80 euro). Lasciamo il nostro nome e ci accomodiamo a un tavolino, accanto a una famiglia turca che inizia a spazientirsi per la lunga attesa: "Sono venuto solo per lei – dice il papà indicando la figlia – qui costa tutto troppo". Aspettiamo circa 20 minuti prima che ci servano: sul caffè e sul cappuccino nulla da dire (non siamo esperti, ma ci sono sembrati buoni), mentre sulle brioche (di Princi) il giudizio non è unanime: "Buona", "No, troppo burrosa". Mentre consumiamo la nostra colazione, guardandoci attorno tra centinaia di clienti un po' spaesati, ma che non smettono di immortalare con i loro smartphone il momento, una cameriera ci offre del caffè decaffeinato prodotto con un particolare metodo che, nel rumore di fondo dell'open space, non riusciamo a cogliere i dettagli. Finalmente usciamo, cercando di ricavare un bilancio dall'esperienza: la lunga coda, l'attesa per essere serviti, il prezzo sicuramente molto superiore alla media degli altri bar milanesi (ci sono già molte polemiche in merito) e per contro un'attenzione al dettaglio e l'indiscutibile bellezza della location (palazzo Broggi, ex sede della Borsa e delle Poste). Ne è valsa la pena? Noi, per il momento, sospendiamo il giudizio.

1.517 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views