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Rosa, morta a 46 anni dopo l’intervento alle palpebre: condannati tre medici

Sono stati condannati i tre medici che nel maggio 2015 a Milano operarono Rosa Angela Lavorgna, infermiera 46enne che morì in seguito a complicazioni dopo l’intervento. La donna, originaria del Lodigiano, si era sottoposta a un semplice intervento di chirurgia estetica alle palpebre: il dosaggio sbagliato del farmaco usato per anestetizzarla le fu fatale.
A cura di Francesco Loiacono
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Il 12 maggio del 2015 Rosa Angela Lavorgna, 46enne infermiera lodigiana, morì dopo essersi sottoposta a una semplice operazione di chirurgia estetica in una clinica privata di Milano. Adesso i tre medici che l'operarono sono stati condannati in primo grado con rito abbreviato dal giudice per l'udienza preliminare di Milano Alessandra Clemente. La pena più severa è stata comminata all'anestesista: tre anni, sette mesi e dieci giorni con le accuse di omicidio colposo e peculato, come riporta il "Corriere della sera". I due chirurghi plastici sono invece stati condannati rispettivamente a due anni e otto mesi e un anno e sette mesi. Il primo dovrà anche versare una provvisionale (cioè un risarcimento immediato) alla famiglia della vittima (che lasciò il marito e un figlio adolescente), al contrario del secondo che aveva già versato al marito della donna, Giuseppe Zilli, una somma come risarcimento.

L'intervento alle palpebre doveva essere il regalo di compleanno per Rosa

Era stato proprio il marito di Rosa Angela a "regalarle" per il compleanno l'intervento alle palpebre, chiamato tecnicamente blefaroplastica. La moglie, originaria di Villanova, lavorava da vent'anni all'ospedale Maggiore di Lodi. L'uomo non poteva certo immaginare che quella semplice operazione chirurgica, che solitamente richiede una ventina di minuti, sarebbe stata fatale per la donna. Come evidenziato dall'autopsia e dalle indagini del pubblico ministero Alessia Miele, scattate subito dopo il decesso, a uccidere Rosa Angela sarebbe stato un dosaggio troppo elevato del farmaco utilizzato per anestetizzarla, il propofol. Il medicinale avrebbe provocato alla vittima una bradicardia, conducendola alla morte nonostante i tentativi dei medici dell'ospedale Fatebenefratelli, dove la 46enne era stata trasportata in fin di vita.

La struttura dove la 46enne è stata operata, il centro medico Montenapoleone, subito dopo l'accaduto si era dichiarato estraneo alla vicenda, dichiarando di aver solo affittato la sala operatoria all'équipe medica. Dopo la sentenza, che risale allo scorso 13 gennaio ma della quale si è avuta notizia solo ora, l'avvocato di Giuseppe Zilli, Davide Luigi Ferrari, si era detto soddisfatto: "Almeno la famiglia ha potuto ottenere un po’ di giustizia". Dopo che saranno depositate le motivazioni della sentenza (attese a marzo) potranno essere presentati gli eventuali ricorsi da parte dei condannati e intentata la causa civile da parte della famiglia della donna.

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