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Varese, quindicenne sequestrato da un gruppo di coetanei: condannati per tortura gli aguzzini

Sono stati tutti condannati i quattro minorenni che nel novembre del 2018 hanno sequestrato e poi picchiato e torturato un loro coetaneo con l’obiettivo di estorcergli informazioni su un suo amico che aveva con loro un debito di droga. Il tribunale per i Minorenni ha inflitto pene di quattro anni e tre mesi per i tre della gang mentre ha condannato a quattro anni e sei mesi il capo della banda.
A cura di Chiara Ammendola
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Sono stati tutti condannati i quattro minori che lo scorso novembre sequestrarono e poi torturarono un ragazzino di 15 anni a Varese, nel garage di un condominio. Colui che è stato riconosciuto come il capo-banda ha avuto una pena di quattro anni e sei mesi mentre gli altri tre della baby gang sono stati condannati a quattro anni di carcere, così come deciso oggi in abbreviato dal Tribunale per i Minorenni di Milano. Si tratta della prima sentenza per il reato di tortura in Italia, secondo quanto ha affermato il procuratore del Tribunale per i minorenni di Milano Ciro Cascone. I componenti della gang, coetanei della vittima, avrebbero attirato la vittima in una trappola e poi lo avrebbero segregato, picchiato e torturato con il solo scopo di ottenere informazioni su un suo amico che la gang voleva rintracciare perché aveva con loro un piccolo debito di droga. Il 15enne sarebbe stato prima legato e poi picchiato più volte con un bastone di ferro sui piedi perché si sarebbe rifiutato di fornire informazioni sull'amico.

Quindicenne torturato dai coetanei: i quattro non hanno mai mostrato segni di ravvedimento

Dopo essere stato legato con dei fili elettrici, per impedirgli di muoversi, sarebbe stato picchiato, minacciato con un bastone chiodato e con un coltello puntato alla gola, oltre che con un cane di razza pitbull "pronto a sbranarlo", secondo i suoi aguzzini. Il tutto per tre interminabili ore: "Se parli e racconti quello che è successo facciamo del male al tuo fratellino", gli avevano detto prima di lasciarlo andare. Secondo i giudici i quattro avrebbero agito con estrema violenza, e il capo della gang ritenuto la mente del sequestro e del pestaggio del quindicenne, secondo quanto emerso dalle indagini dopo il pestaggio era pronto a lasciare l'Italia con la madre. Ai quattro dunque non è stata accordata la messa in prova così come chiesto dai legali: così come sottolineato anche dalla Procura infatti gli imputati non avrebbero mai mostrato segni di ravvedimento ed empatia con la vittima.

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