Uomo morto dopo un trapianto di cuore: giudice di Milano archivia l’inchiesta su cinque medici

È stata archiviata l'indagine per omicidio colposo che vedeva indagati cinque medici, due del San Raffaele di Milano e tre del San Camillo di Roma, in relazione alla morte di un paziente dopo un trapianto di cuore. Il giudice per le indagini preliminari di Milano Anna Calabi ha accolto la richiesta avanzata nel luglio dello scorso anno dal pubblico ministero Francesco De Tommasi. La vicenda è ancora più datata e risale al settembre 2016 quando Roberto Martini, un romano cardiopatico, morì dopo aver subìto un trapianto di cuore. L'operazione era avvenuta al San Camillo di Roma ma l'organo era stato espiantato al San Raffaele di Milano da un uomo di 48 anni deceduto a causa di un malore in piscina.
I legali della famiglia del paziente morto ricorreranno in Cassazione
La famiglia di Martini dopo il decesso del parente aveva presentato una denuncia in procura: secondo i famigliari il cuore trapiantato era difettoso. La denuncia aveva portato all'iscrizione nel registro degli indagati dei cinque medici e all'avvio di una serie di perizie sull'organo trapiantato. Dagli esami era emerso come il cuore fosse idoneo al trapianto: il giudice aveva inoltre respinto la richiesta di una nuova perizia avanzata dai legali della famiglia della vittima. Secondo quanto ha stabilito il giudice Calabi, i medici hanno operato correttamente, eseguendo il difficile intervento chirurgico e "assicurando ogni manovra per scongiurare l’evento morte". Il decesso del paziente avvenne a causa del rigetto dell'organo, un'eventualità che secondo il giudice non è mai "azzerabile", ma solo comprimibile. La morte del paziente avvenne per un concorso di fattori tra cui la sua età e le difficili patologie. I legali della famiglia di Martini hanno annunciato che faranno ricorso in Cassazione: il presunto caso di malasanità sull'asse Milano-Roma potrebbe dunque non essere ancora chiuso.