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Tragedia sulle Alpi svizzere, sopravvissuto un architetto milanese: “La gita non era da fare”

Tragedia sulle Alpi svizzere, parla Tommaso Piccioli, architetto milanese tra i sopravvissuti: Ho cercato di non addormentarmi e ci sono riuscito, tutto lì perché in quelle situazioni se ti addormenti sei finito: l’ipotermia ti prende e ti uccide. Bisogna muoversi, muoversi, respirare e solo pensare di non morire”. Intrappolati in alta quota da una bufera sono morti sei persone dello stesso gruppo.
A cura di Valerio Renzi
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Tommaso Piccioli, architetto di Milano, è uno dei sopravvissuti alla tragedia in cui hanno perso la vita sei scalatori italiani. Il gruppo è rimasto bloccato una notte sulle Alpi svizzere lungo la haute route Chamonix-Zermatt, un sentiero difficile e per gente esperta di montagna, ma di norma considerato non particolarmente pericoloso se affrontato con condizioni meteorologiche accettabili. A rendere impossibile proseguire al gruppo le condizioni meteo avverse, con neve e vento forte, che li hanno intrappolati all'aperto.

Ancora scosso Piccioli, che ha perso anche tre sui amici di Bolzano che sono tra le vittime, racconta la sua terribile esperienza ai giornalisti che lo hanno contattato subito dopo essere stato dimesso dall'ospedale. "Abbiamo sbagliato strada e ci siamo trovati nella bufera – ha raccontato all'Ansa – Ci siamo persi quattro o cinque volte. Ho portato avanti il gruppo io perché ero l'unico ad avere un Gps funzionante fino a che siamo arrivati a un punto in cui non si poteva più procedere perché con quella visibilità non era possibile".

Per il sopravvissuto partire per quella gita è stato un errore in partenza, errore aggravato da altre scelte a suo avviso sbagliate. "È arrivata la notte. Ci siamo fermati in una sella e anche quello è stato un errore perché non ci si ferma nelle selle quando c'è il vento. Devi fermarti in un punto riparato e scavare un buco". "Ho cercato di non addormentarmi e ci sono riuscito, tutto lì perché in quelle situazioni se ti addormenti sei finito: l'ipotermia ti prende e ti uccide. – ha spiegato – Bisogna muoversi, muoversi, respirare e solo pensare di non morire. Eravamo tutti italiani tranne tre. Non sapevamo che la gita fosse lunga e impegnativa perché non ce l'aveva detto. Io sapevo già che sarebbero morti quasi tutti, comunque più della metà".

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