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Strage piazza Fontana, Mattarella: “Ferita non rimarginabile, Stato colpevole per i depistaggi”

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha partecipato a Milano al Consiglio comunale straordinario per commemorare le 17 vittime della strage di piazza Fontana, di cui oggi ricorrono i 50 anni. Presente a Palazzo Marino anche Licia Pinelli, vedova dell’anarchico Giuseppe morto precipitando dalla questura pochi giorni dopo la strage, mentre era posto illegalmente in stato di fermo. “L’identità della Repubblica è segnata dai morti e dai feriti della Banca Nazionale dell’Agricoltura”, ha detto Mattarella, che si è poi soffermato sui depistaggi di parte dello Stato: “L’attività depistatoria di una parte di strutture dello Stato è stata doppiamente colpevole”.
A cura di Filippo M. Capra
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A Milano è la giornata delle commemorazioni per il cinquantennale della strage di piazza Fontana, che causò la morte di 17 innocenti a causa di una bomba posta all'interno della Banca Nazionale dell'Agricoltura il 12 dicembre del 1969. Al Consiglio comunale in seduta straordinaria ha preso parte anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che prima della seduta ha incontrato le vedove Pinelli e Calabresi e i famigliari delle 17 vittime. Il Capo dello Stato ha voluto ricordare così quanto avvenuto, tra depistaggi, false accuse e insabbiamenti: "Siamo qui, oggi, perché avvertiamo il dovere di ricordare, insieme, avvenimenti per i quali si è fatta verità e si è cercata giustizia, tra difficoltà e ostacoli, e sovente giungendo a esiti insoddisfacenti. L’identità della Repubblica è segnata dai morti e dai feriti della Banca Nazionale dell’Agricoltura", ha detto leggendo il suo discorso (qui il testo integrale).

Il Capo dello Stato ha poi dichiarato che con l'esplosione di piazza Fontana e il conseguente inizio della strategia della tensione, si volle lanciare "un attacco forsennato contro la nostra convivenza civile, uno strappo lacerante alla pacifica vita di una comunità e una nazione orgogliosa di essersi lasciata alle spalle le mostruosità della guerra, gli orrori del fascismo e le difficoltà della ricostruzione del dopoguerra". Mattarella ha poi parlato di una "spirale cieca e antipopolare" per spiegare la stagione della strategia della tensione, quando nacquero il terrorismo nero e quello brigatista.

Il Presidente della Repubblica ha onorato la memoria di "Vittorio Occorsio ed Emilio Alessandrini, magistrati che avevano indagato sulla strage di piazza Fontana, assassinati pochi anni dopo, l’uno da terroristi di destra, l’altro da terroristi di sinistra", oltre a ricordare anche Giuseppe Pinelli e Luigi Calabresi in quanto vittime dell'attentato fascista: "Nel momento in cui facciamo memoria delle vittime di piazza Fontana – e, con loro di Giuseppe Pinelli, del commissario Luigi Calabresi – sappiamo di dover chiamare le espressioni politiche e sociali del Paese, gli uomini di cultura, l’intera società civile, a un impegno comune: scongiurare che si possano rinnovare in Italia le fratture terribili in cui si inserirono criminalmente quei fatti".

Il passaggio sui depistaggi di parte dello Stato

Importante il passaggio sui depistaggi di parte dello Stato: "Nelle vittime di Piazza Fontana trova radice l’interrogarsi del Paese sulla propria natura e sul suo destino – ha detto Mattarella – Quella stagione fu specchio dell’anima, della sofferenza del nostro popolo, chiamato a rafforzare una fedeltà laica e civile ai valori della Costituzione: il patto di cittadinanza – basato su principi fondativi, ideali civili, storia plurale ma comune – lasciatoci in eredità dalla Lotta di Liberazione. Una fedeltà chiesta anzitutto ai servitori dello Stato: uomini degli apparati di sicurezza, Forze Armate, Magistratura, incaricati dalla comunità di vegliare sulla serenità del vivere civile. Non si serve lo Stato se non si serve la Repubblica e, con essa, la democrazia. L’attività depistatoria di una parte di strutture dello Stato è stata, quindi, doppiamente colpevole. Un cinico disegno – ha proseguito il Capo dello Stato – nutrito di collegamenti internazionali a reti eversive, mirante a destabilizzare la giovane democrazia italiana, a vent’anni dall’entrata in vigore della sua Costituzione. Disegno che venne sconfitto".

L'Italia è debitrice verso i parenti delle vittime

"Il destino della nostra comunità non può essere preda dell’odio e della violenza – ha proseguito Mattarella – . Per nessuna ragione la vita di una sola persona può essere messa in gioco per un perverso disegno di carattere eversivo". In chiusura, il Capo dello Stato si è rivolto ai parenti delle vittime: "Ai parenti delle vittime qui raccolti, cui mi rivolgo con rispetto, solidarietà e affetto e, verso i quali l’Italia avverte di essere debitrice, dobbiamo saper dire che ci sentiamo legati da un vincolo morale. Italiani fra italiani, cittadini fra concittadini, per essere custodi attenti del futuro del Paese. Nella fedeltà alle istituzioni della democrazia che ci sono state consegnate dalla Costituzione".

I cortei in piazza Fontana: tutti riuniti per ricordare le vittime

Dopo il discorso del Capo dello Stato a Palazzo Marino le celebrazioni per ricordare le vittime della strage a Milano proseguono con tre cortei. Il primo, vedrà la partecipazione dei famigliari delle vittime che raggiungeranno piazza Fontana, mentre gli studenti e i centri sociali si sono organizzati per ritrovarsi in piazza Cavour alle 18.30 per concludere la marcia anch'essi nella piazza alle spalle del Duomo, davanti all'ex banca, sulla cui facciata verrà proiettata la caduta di Pinelli dalla questura milanese. L'opera si intitola "IV Piano". Mezz'ora prima del corteo studentesco, la piazza teatro della strage di 50 anni fa sarà teatro di una terza manifestazione indetta dagli anarchici del Ponte della Ghisolfa, il cui circolo era stato fondato anche da Giuseppe Pinelli, l'anarchico "volato giù" dagli uffici della questura del commissario Luigi Calabresi di Milano il 16 dicembre 1969 in circostanze mai chiarite dove fu portato per essere interrogato in quanto principale indagato per la strage. Gli anarchici della Ghisolfa, che quest'anno si sono organizzati senza prender parte agli altri cortei, hanno criticato su Facebook la sola attribuzione della responsabilità dell'attentato a "Ordine Nuovo", organizzazione neofascista di quegli anni, spogliando di ogni colpa lo Stato: "Le responsabilità dello Stato vengono occultate, le lotte sociali rimosse. Questo cinquantesimo per il potere deve diventare solo una celebrazione di buoni sentimenti e di pacificazione".

La vedova di Pinelli: "Noi sappiamo la verità sulla morte di Giuseppe"

A commentare la targa in memoria a Giuseppe Pinelli, in quanto diciottesima vittima innocente della strage di piazza Fontana, c'è anche Licia Rognini, la vedova dell'anarchico, che torna a parlare ai microfoni di Radio Popolare dopo anni di silenzio: "Quello di quest'anno è un passaggio importante, è una svolta. Ogni parola del presidente un incentivo ad andare avanti per la democrazia. Parlare di mio marito Pino in un certo modo è anche un tassello per la democrazia". C'è anche lei nella seduta straordinaria di oggi del consiglio comunale di Milano, presieduta dal sindaco Sala che ieri ha chiesto scusa alla famiglia di Pinelli a nome della città. Questa la reazione della Rognini: "Non mi aspettavo che il sindaco Sala chiedesse perdono alla nostra famiglia. È stato un bel gesto, che ci restituisce qualcosa. Io non mi aspetto niente da nessuno, quello che arriva arriva, come è avvenuto in questi cinquant'anni". Poi, in chiusura, una battuta sulla tragica scomparsa del coniuge: "Su come è morto mio marito la verità noi la conosciamo, noi le cose le sappiamo, poi se qualcuno ha voglia di parlare, parlerà".

Mario Calabresi, figlio dell'allora commissario Luigi ucciso nel 1972

Con un lungo post su Facebook, Mario Calabresi, figlio dell'allora commissario Luigi ucciso da esponenti di Lotta Continua nel 1972 per vendicare la morte di Pinelli, ricorda con angoscia quel maledetto 12 dicembre del 1969, preludio della violenta morte del padre avvenuta circa 3 anni più tardi: "Sono passati cinquant’anni da quella bomba che uccise diciassette persone e sprofondò l’Italia in un decennio di sangue e di angoscia. Era il 12 dicembre del 1969 e quella data resta una delle più tragiche della storia repubblicana. È passato mezzo secolo ma ancora oggi quando passo in Piazza Fontana, all’ombra del Duomo, e vedo, dal capolinea dei tram, la vecchia insegna della Banca Nazionale dell’Agricoltura mi si chiude lo stomaco. Quella denominazione non esiste più da quasi vent’anni ma la scritta è rimasta a testimoniare". L'ex direttore de La Stampa e di Repubblica si è poi soffermato sul dolore provocato dalla strage: "Penso a quanta sofferenza sia cominciata in quel luogo, a quanto veleno sia stato messo nelle vene della nostra democrazia in quel tempo. Il veleno delle trame neofasciste che sognavano il colpo di Stato e le derive autoritarie, il veleno delle coperture e dei depistaggi, il veleno dei deliri estremistici di destra e di sinistra".

Il giornalista, racconta con commozione la posa delle formelle che ricordano le 17 vittime, dopo essersi recato di persona davanti la ex Banca Nazionale dell'Agricoltura: "Ieri  ci sono tornato, per vedere le formelle con i nomi delle 17 vittime che sono state inserite nel pavimento intorno alla fontana. Hanno preso ispirazione dalle pietre d’inciampo ed è commovente vedere quanti si fermano a leggere quei nomi, l’età che avevano e il lavoro che facevano quelle persone. Ho incontrato una famiglia di polacchi chiedere spiegazioni e ho visto due ragazzi fotografare tutto. Ho fatto come loro. Sono rimasto fermo ad osservare, le foglie volavano sui nomi e sembravano regalare finalmente un po’ di pace. Era necessario rimettere al centro gli uomini che hanno perso la vita. Ma non sufficiente. E allora è fondamentale quella diciottesima formella in cui è scolpita nella pietra la verità storica: la bomba è stata messa dal gruppo di estrema destra “Ordine nuovo”". È quello il momento, secondo Calabresi, in cui iniziò il preludio della morte di suo padre Luigi, questore di Milano di quegli anni: "Quel giorno cominciò a morire mio padre, io sarei nato due mesi dopo ma una cappa di dolore, paure e sofferenza erano già scese sulla città e sulla mia famiglia. Ci abbiamo messo tanto tempo, noi tutti, per tornare a respirare e ce l’abbiamo fatta ma non riesco a non pensare a quanti non hanno avuto un futuro, a quante vite siano andate perse in quel momento".

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